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Luiz Adriano come Messi e Haaland: il pokerissimo in Champions rimasto nella storia

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Quando chiude gli occhi, magari prima di addormentarsi la sera, Luiz Adriano può ancora vedere tutto con nitida chiarezza. I palloni che entrano in porta, uno dopo l'altro. Il risultato che si gonfia sempre più, a dismisura, fino a diventare esagerato. Sono trascorsi 8 anni e mezzo, ma quella serata non l'ha mai dimenticata. Neppure ora, dopo trionfo più bello di tutti, la Copa Libertadores vinta il 30 gennaio 2021 col Palmeiras nel derby contro il Santos, con goal decisivo del Verdão al nono minuto di recupero. Goduria pura.

Il 21 ottobre del 2014, a differenza di quanto accadrà al Maracanã di Rio de Janeiro, Luiz Adriano non vince nulla. Non alza trofei, non fa giri di campo. Ma entra nella storia. Dello Shakhtar Donetsk, il club che lo ha strappato dal Brasile sette anni prima, ma anche del calcio europeo. E della Champions League. Si gioca a Borisov contro il BATE, terza giornata dei gironi. Serata importante, come lo sono tutte quelle di Champions, ma insomma, non è che una sfida tra una formazione bielorussa e una ucraina attiri particolarmente l'occhio. Per dire: in contemporanea vanno in scena anche Roma-Bayern e Barcellona-Ajax, altra pasta, altro fascino.

Che qualcosa sia destinato a sedimentare per far nascere e crescere il frutto del ricordo immortale, Luiz Adriano non può ancora prevederlo. Non certo quando Alex Teixeira stappa il punteggio dopo una decina di minuti, dribbling sul portiere e appoggio facile facile dentro la porta vuota. Neppure quando, dopo altri 17 minuti, sempre Alex Teixeira vola in area e vola pure a terra, scaraventato in aria dal portiere di casa Chernik: è rigore e sul dischetto si presenta proprio Luiz Adriano, che freddamente apre il proprio personalissimo conto di reti.

Forse qualche pensiero di gloria inizia a prendere concretamente forma nella sua mente al 37', un paio di minuti dopo che Douglas Costa ha trovato pure il punto del tris: cross di Shevchuk e deviazione di rapina da centravanti vero. 0-4 e doppietta prima dell'intervallo. Già visto e rivisto più volte, nulla di particolarmente nuovo. Forse Luiz Adriano inizia addirittura a pensare che la sua fortuna si sta esaurendo. O forse no, perché in effetti segnare è il suo pane. Il suo 2014 si sta trionfalmente trascinando tra un goal e l'altro: 20 in tutte le competizioni prima di Borisov, 29 alla fine.

Prima che le squadre tornino negli spogliatoi, un quarto d'ora che spezzi i bagordi dello Shakhtar e consenta al BATE di recuperare quel minimo di energie che gli sono rimaste, il tempo perché il capolavoro prenda vita c'è ancora. Esiguo, ma c'è. Minuto 40: altro centro di Shevchuk, la difesa di casa è completamente nel pallone e Luiz Adriano non può che ringraziare sparando in rete da due passi. Tripletta. Minuto 42: sempre Shevchuk si porta sul fondo e confeziona l'ennesimo regalo per il compagno, che da un metro e con la porta sguarnita non può proprio fallire.

Poker. In un tempo solo. E via di record. In quella fredda serata di Borisov, intanto Luiz Adriano diventa il primo calciatore della storia della Champions League a segnare quattro volte in 45 minuti. Leo Messi non ci è mai riuscito. Nemmeno Cristiano Ronaldo. L'ex viola Mario Gomez sì, in un Bayern-Basilea 7-0 del marzo 2012, ma in 23 minuti. E poi diventa di Luiz Adriano pure la tripletta più veloce della storia della Champions League: 7 minuti, uno in meno rispetto agli 8 impiegati da Bafe Gomis (Lione) in un 7-1 esterno alla Dinamo Zagabria nel 2011.

Non finisce qui. Perché c'è tutta una ripresa per entrare definitivamente nella storia. E Luiz Adriano lo sa bene. Prima colpisce un palo di testa, col portiere immobile, mettendosi le mani nei capelli come se si fosse sul punteggio di 0-0. E poi sempre lui, a 10 minuti dal termine, confeziona l'impresa: si guadagna un altro rigore (dubbio...) e lo trasforma. Tutto da rifare: troppi giocatori sono entrati in area prima del dovuto e l'esecuzione va ripetuta. Luiz Adriano calcia una seconda volta, in maniera praticamente identica, e una seconda volta segna. 0-7. È il goal del pokerissimo che lo proietta dritto nella leggenda.

Luiz Adriano non è il primo calciatore a segnare cinque reti in una sola partita di Champions League. Un paio d'anni prima c'è già riuscito Lionel Messi, devastante in un Barcellona-Bayer Leverkusen 7-1 del marzo 2012. L'ultimo a firmare un pokerissimo, invece, è stato Haaland. Ma l'elenco è ristrettissimo. Sostanzialmente, si ferma qui.

“Senza dubbio è uno dei giorni più importanti della mia carriera – dice ai giornalisti dopo la partita – Nemmeno nei miei sogni avrei mai pensato di infrangere una serie di record in una volta sola. Sono felice ed emozionato”.

Luiz Adriano Shakhtar Donetsk BATE Borisov Champions League 21102014Getty Images

La macchia sull'impresa è legata agli insulti piovuti dai tifosi di casa durante i 90 minuti. “Ho sentito offese maleducate e razziste – dice Luiz Adriano dopo la partita – Sono deluso, una condotta inammissibile, assurda. Sono sotto choc”. La UEFA apre un procedimento disciplinare e costringe il BATE Borisov a giocare la gara casalinga successiva di Champions League a porte chiuse. Il brasiliano, invece, si vendica in campo. Il 5 novembre c'è il match di ritorno col BATE: finisce 5-0 con una sua tripletta, la seconda consecutiva, come Messi, Cristiano Ronaldo e nessun altro. Chiuderà a 9 reti nel girone, record della competizione nuovamente battuto un anno dopo dallo stesso Ronaldo (11).

“I giocatori di quello Shakhtar erano insieme da molto tempo, dunque si muovevano in modo sincrono – ha ricordato Luiz Adriano qualche tempo fa – Ci conoscevamo bene, conoscevamo i nostri movimenti, e ciò ci ha aiutato molto. I miei compagni hanno avuto un ruolo importante. Non è soltanto solo merito mio”.

Sempre in Bielorussia, Luiz Adriano diventa il miglior marcatore della storia dello Shakhtar: 117 reti, tre più della bandiera Andrij Vorobej. Lo è tutt'ora, naturalmente. “Qualcosa che rimarrà con me per il resto della mia vita”, lo definisce. Chiuderà a 130 in 165 presenze a partire dal 2007, l'anno in cui gli ucraini lo prelevano giovanissimo dal Brasile. Non ancora maggiorenne, qualche mese prima Luiz Adriano ha appena conquistato la Copa Libertadores con l'Internacional contro il Barcellona di Ronaldinho e Rijkaard, rete del quasi omonimo Adriano Gabiru, tornato in auge una decina d'anni più tardi quando un'emittente nazionale brasiliana dà la falsa notizia della sua morte in un incidente stradale.

Sono gli anni in cui lo Shakhtar inizia a comprendere come la scelta di puntare sul mercato brasiliano possa rivelarsi vincente. E Luiz Adriano è una sorta di apripista. Assieme a lui Fernandinho, Ilsinho, Jadson, Willian. Ingranare non è semplice, perché l'ambientamento richiede parecchio tempo. “Quasi non giocavo, volevo andar via, ma Lucescu mi convinse a rimanere”, ricorda oggi. Poi, arrivano i trofei (sei volte la Prem"jer-lіha, ma soprattutto la Coppa UEFA del 2009 contro il Werder Brema, all'ultima edizione con la vecchia denominazione) e i goal (nel 2013/14 sono addirittura 26 in campionato, ma il più importante resta quello di Istanbul contro i tedeschi). A un certo punto si propone per diventare l'erede di Sheva nell'Ucraina: “Sono pronto a sostituire il mio passaporto brasiliano, amo questo paese”. Poi correggerà il tiro: “Uno scherzo, lo hanno preso tutti alla lettera”.

In Nazionale ci arriverà. Quella brasiliana, però. Due giorni dopo l'abbuffata di Borisov, Carlos Dunga lo chiama per un paio di amichevoli contro Austria e Turchia, concedendogli l'onore di giocarle entrambe da titolare: “Due giorni emozionanti, sto ricevendo solo belle notizie. È un momento speciale della mia carriera”. Al momento del suo passaggio al Milan, estate 2015, l'ex centrocampista della Fiorentina lo definirà a 'Tuttosport' “un killer”, che però “ha bisogno di ricevere molti palloni”. Ma le convocazioni nella Seleção, nonostante la stima dell'allenatore e una Copa America a cui il neo rossonero pare poter partecipare, si fermeranno a tre.

Allo Shakhtar non mancano nemmeno i momenti polemici. Uno, in particolare, fa discutere mezzo mondo. Nella fase a gironi della Champions League 2012/13 si affrontano i danesi del Nordsjaelland e lo Shakhtar. Sull'1-0 per i padroni di casa, Willian cerca di restituire agli avversari un pallone gettato volontariamente in fallo laterale, ma Luiz Adriano lo intercetta e va a segnare. Dopo la partita Lucescu lo giustifica parzialmente dicendo che “ha seguito il proprio istinto”, mentre il presidente dello Shakhtar parla di "comportamento inaccettabile". Il club comunica in seguito che il giocatore “si è scusato e ha espresso profonda delusione per l'incidente”. Morale della favola: l'UEFA lo squalificherà per la giornata successiva contro la Juventus.

Quando se ne va, al termine di otto stagioni e mezza intensissime, Luiz Adriano sa di aver contribuito a scrivere un pezzo di storia recente dello Shakhtar. Al Milan, assieme a Carlos Bacca e a Mario Balotelli, non va altrettanto bene. Sono i mesi dell'infinita ed estenuante trattativa societaria con Bee Taechaubol, definitivamente saltata nel febbraio del 2016. E, in generale, sono gli anni in cui il Diavolo sta vivendo il proprio mediocre inferno personale. Quando arriva, Luiz Adriano confessa a Goal di avere "le farfalle nello stomaco all'idea di indossare una maglia così prestigiosa". Ma in campo delude. Quattro goal in campionato e un paio in Coppa Italia rappresentano un biglietto da visita medicre per un “killer” che qualche tempo prima ne faceva cinque in una partita sola.

L'interruttore, insomma, si è spento. L'età avanza e l'istinto del centravanti visto in Ucraina pare scomparso. Fino all'addio. Prima la cessione sfumata al Jiangsu, saltata perché il club cinese "non ha rispettato quello che era stato deciso". Infine quella vera allo Spartak Mosca. Di nuovo Champions League. Ma Luiz Adriano va a segno solo una volta, più altri tre centri in Europa League. Il Palmeiras rappresenta la fine di un ciclo, la scelta di tornare alle origini, al Brasile, per chiudere una carriera soddisfacente.

Inutile, però: si torna sempre lì, allo Shakhtar. I migliori anni della vita di Luiz Adriano, ma pure della squadra del Donbass, issatasi fino alla vetta d'Europa. E quando chiedono al brasiliano quale sia il miglior momento della sua carriera, la risposta non può che essere una sola. Al 'Correio Braziliense', qualche anno fa, ha confessato: “Se tornassi indietro nel tempo e lo Shakhtar si interessasse a me, direi nuovamente di sì”. Appunto.

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