I lineamenti delicati del viso, quasi angelici, e la folta chioma riccioluta, nascondevano un temperamento focoso e rissoso e una tempra da guerriero. Fernando Manuel Silva Couto, per tutti Fernando Couto, è stato la risposta portoghese agli stopper del calcio italiano, che facevano del classico: "O palla, o gamba", la loro filosofia.
Il motto, del resto, si adatta benissimo anche al centrale lusitano, che a dispetto di una buona tecnica di base, si contraddistingueva in campo per la durezza e la ruvidezza dei contrasti, oltre che per le straordinarie capacità di elevazione, che lo rendevano un giocatore dominante sulle palle alte sia in fase difensiva che in fase offensiva.
Nato a Espinho il 2 agosto 1969, Couto cresce nel Settore giovanile del Porto e debutta in Prima squadra nella stagione 1987/88 quando ha 19 anni. Con la squadra vince Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale, ma senza scendere in campo. Viene quindi mandato in prestito per fare esperienza con Famalicão e Académica in Terza e Seconda serie. Intanto inizia la trafila nelle Nazionali giovanili portoghesi, e, benché sia di qualche anno più grande, entra a far parte di diritto della Generazione d'oro che nel 1989 si laurea campione del Mondo Under 20.
Di quella squadra, guidata da Carlos Queiroz, di cui fanno parte giocatori di gran classe come Paulo Sousa, Luis Figo, Manuel Rui Costa e João Pinto, Couto è un po' l'ossimoro, visto che fa da contraltare con quelle che sono le sue caratteristiche da difensore vecchio stampo al resto della formazione. Ma proprio in virtù di queste ultime ne diventa un pilastro insostituibile, passando poi, con il resto del gruppo, nella Nazionale maggiore lusitana.
A livello di club nel 1990 il difensore fa ritorno al Porto, dove diventa titolare e gioca per 4 stagioni vincendo 2 titoli portoghesi e 2 Coppe del Portogallo. Presto si ritaglia la fama di 'cattivo', che mostra di meritare anche nella sfida delle Qualificazioni di USA '94 contro l'Italia di Sacchi. A un minuto dalla fine, con gli Azzurri avanti 1-0 grazie a un goal di Dino Baggio nella sfida decisiva per la qualificazione, il centrale portoghese perde la testa e guadagna anzitempo gli spogliatoi facendosi espellere dall'arbitro per un pugno in faccia a Casiraghi.
Il calcio italiano avrà modo di conoscerlo da vicino, visto che il difensore portoghese nel giugno 1994 si trasferisce al Parma. I ducali pagano il suo cartellino 4 miliardi e 900 milioni di Lire e gli fanno sottoscrivere un triennale. Non se ne pentiranno: Couto, superate alcune differenze nella preparazione, entra infatti subito nel gioco del tecnico Nevio Scala, adattandosi a fare anche il libero in una difesa che gioca a uomo, nonostante sia abituato a disimpegnarsi in un sistema a zona.
"Non credo che avrò difficoltà, - dice a 'La Repubblica' - marcare è il mio mestiere. Se mi fanno paura gli attaccanti italiani? Ce ne sono di fortissimi, ma non regalo citazioni a nessuno. Sul campo rispetto tutti ma voglio essere rispettato".
Il debutto in Serie A arriva subito il 4 settembre 1994 contro la Cremonese, e lo vede grande protagonista anche in fase offensiva, dato che il portoghese trova immediatamente la sua prima rete in Italia al 20', sbloccando il risultato con una gran incornata di testa su punizione dalla destra di Zola. L'esultanza che ne segue diventa un altro suo marchio di fabbrica: il difensore esegue infatti una spettacolare capriola volante in avanti, portandosi le mani dietro la nuca. Un qualcosa di mai visto fino a quel momento in Italia, almeno nell'interpretazione del giocatore portoghese.
Couto dà una grossa mano al Parma per tutta la stagione. I ducali duellano in Italia con la Juventus di Lippi, uscendone sconfitti sia in campionato, nel quale si piazzano secondi, sia in Coppa Italia, dove sono finalisti, ma la gioia più bella la vivono in Europa, aggiudicandosi proprio con i rivali bianconeri la Coppa UEFA. Dopo la vittoria per 1-0 al Tardini con un goal di DIno Baggio, difendono il vantaggio maturato nel ritorno di Torino, che termina 1-1 con i goal di Vialli e Dino Baggio. Proprio con Vialli, Fernando Couto è protagonista di uno spettacolare duello fisico e atletico.
L'8 gennaio 1995 un fallo da dietro sul numero 9 juventino gli era costata la prima espulsione in Serie A per doppia ammonizione. Negli anni diventerà un habitué del cartellino rosso. Con i gialloblù Fernando Couto resta anche una seconda stagione, ma il 25 settembre 1995, nella partita contro gli albanesi del Teuta, rimedia un infortunio alla clavicola che ne condiziona la stagione. Dopo le 7 reti in 44 presenze totali della prima, colleziona infatti soltanto 15 presenze e nell'agosto 1996 conclude in anticipo l'avventura in Emilia.
Il compagno di Nazionale Vitor Baia lo convince infatti a sposare il progetto del Barcellona. Il centrale sbarca in Catalogna per circa 5 miliardi di lire e gli viene affidato il compito di coprire le spalle ai grandi campioni che militano nella formazione blaugrana. Con la squadra di Bobby Robson, che ha un certo José Mourinho come vice-allenatore, Couto vince la Copa del Rey e la Coppa delle Coppe 1996/97 dopo aver eliminato nel suo cammino la Fiorentina di Ranieri in semifinale, superando 1-0 in finale i francesi del PSG.
Successivamente conquista anche la Supercoppa Europea (2-0 al Borussia Dortmund) senza però scendere in campo. Con l'arrivo di Louis Van Gaal in panchina perde però il posto da titolare a vantaggio di Winston Bogarde e dopo aver totalizzato 60 presenze e 2 reti complessive, e aver aggiunto al suo palmarés un'altra Copa del Rey e una Supercoppa di Spagna, nel 1998 torna in Italia accettando la proposta della Lazio di Sergio Cragnotti.
Ancora una volta la sua scelta si rivelerà azzecatissima, visto che il portoghese diventerà una bandiera del club biancoceleste, con cui militerà per ben 7 stagioni, e vincerà tanto. Arriva a Roma l'8 luglio 1998 assieme all'altro acquisto spagnolo, Ivan De la Peña. Dopo l'accoglienza festante a Fiumicino e le visite mediche all'Acquacetosa, la Lancia K su cui viaggiano i nuovi acquisti della Lazio è letteralmente presa d'assalto dai tifosi al suo arrivo nel Centro sportivo di Formello.
Secondo quanto riporta dettagliatamente il quotidiano 'La Repubblica', Couto a un certo punto si stanca, scende dall'auto e si fa largo fra la folla raggiungendo a piedi il campo di allenamento, dove trova ad accoglierlo il tecnico Sven-Goran Eriksson. Qualche ragazzina, vedendoselo sfilare davanti a pochi passi, grida: "È bello come er sole". Non così il ragazzo di Santander, che dopo aver provato a imitare il compagno di squadra, tornerà rapidamente a bordo dell'auto.
Sotto la guida di Eriksson, la Lazio di Fernando Couto scala le gerarchie del calcio italiano e vince lo Scudetto nel 1999/00, una Coppa Italia, 2 Supercoppe italiane, la Coppa delle Coppe nel 1998/99 (2-1 al Maiorca in finale) e la Supercoppa Europea del 1999 (0-1 al Manchester United, gara quest'ultima non giocata dal centrale portoghese). L'ex Barcellona sul campo è uno dei grandi protagonisti, fuori dal campo piace alle donne e la sua vita notturna è sempre molto chiacchierata.
Oltre a questo è nel periodo romano che si accentua notevolmente il suo carattere impulsivo e focoso, che lo porta ad entrare in contrasto praticamente con tutti: avversari, compagni di squadra e tifosi. Uno degli episodi più eclatanti si verifica nel 1999, quando Couto eccede con la sua proverbiale irruenza, affondando il tackle sul connazionale Sergio Conceiçao in allenamento.
Quest'ultimo resta a terra dolorante, fra gli sguardi increduli dei tanti giornalisti presenti sugli spalti di Formello, e poi si accende un parapiglia fra i due giocatori. A bordo campo Eriksson, sbigottito, non sa che fare, allora è Mancini, il vero allenatore in campo di quella squadra, a prendere per mano la situazione. Il 'Mancio', che ai tempi della Samp teneva a bada gente come Pari e Vierchowod, affronta il portoghese a muso duro. Couto perde completamente la brocca e prima lo spintona via, poi gli mette le mani sul collo.
Arrivano gli altri compagni a dividere i due contendenti, finché Couto non ha una crisi isterica di pianto e lascia in lacrime Formello.
"Sono nervoso, non so cosa mi stia succedendo".
Irritato per il comportamento del compagno, Roberto Mancini.
"Sono sei mesi che questo fa così...", dice.
I giornalisti presenti annotano tutto e riportano la notizia. Ne nasce un caso, che l'allenatore svedese è bravo a stemperare, escludendo sia Couto, sia Mancini, dal successivo impegno in trasferta con il Cagliari. In precedenza, il 22 novembre 1999, all'indomani della sconfitta per 4-1 nel Derby, è fra i giocatori maggiormente presi di mira dagli ultras, che invadono formello e assalgono letteralmente alcuni giocatori, ritenuti responsabili della debacle e accusati di fare una 'dolce vita' nella capitale.
All'indirizzo del difensore arrivano fischi e insulti pesanti, poi l'auto viene presa a calci. Il portoghese a un certo punto perde le staffe e con un colpo di karate in stile Cantona prova a sfondare una porta metallica di recinzione per suonarle ai suoi contestatori, ma vista la consistenza della stessa rincula e cade, facendosi anche un po' male. Significativo che al termine di quell'anno per i biancocelesti arrivi lo Scudetto.
Nel 2000 Couto è protagonista di un altro celebre scontro con 'Il Cholo' Simeone. Negli spogliatoi biancocelesti sono letteralmente scintille, e i compagni di squadra fanno fatica a separare i due contendenti.
"Eravamo una squadra con grande personalità - ha ricordato di recente in tv Juán Sebastián Veron - Qualche confronto acceso capitava. Ne ricordo uno tra Fernando (Couto, ndr) e il 'Cholo' (Simeone, ndr). Siamo dovuti correre tutti negli spogliatoi: successe la fine del fine del mondo. Era difficile calmare gli animi".
"Couto era un assassino! - gli fa eco Hernan Crespo in una recente diretta Instagram con Fabio Cannavaro - Un assassino con le scarpe da calcio! Una roba allucinante. Cominciava la caccia all'uomo! Quando gli partiva la brocca si dimenticava della partita e dava la caccia all'uomo, a chi l'aveva fatto arrabbiare, per andare a menarlo, non gli interessava niente della partita, la palla poteva essere dall'altra parte".
Il pensiero dell'argentino trova d'accordo anche l'attaccante della Juventus, David Trezeguet.
"La coppia più cattiva era quella della Lazio con Fernando Couto-Mihajlovic. O avversario o pallone", afferma il francese ai microfoni di 'Sky Sport' nell'aprile 2020.
Il 28 gennaio 2001, inoltre, il centrale portoghese finisce al centro di una controversa vicenda doping, mai chiarita completamente. Il difensore è trovato positivo al nandrolone dopo Lazio-Fiorentina e viene squalificato in primo grado per 10 mesi, poi ridotti a 4. Si dichiarerà sempre innocente, sostenendo che ad aver causato la sua positività potrebbe essere stato uno shampoo per i capelli.
Senza il suo centrale titolare, la Lazio, passata da poche settimane da Eriksson, nuovo Ct. dell'Inghilterra, a Dino Zoff, perderà terreno in classifica, non riuscendo a difendere il titolo conquistato l'anno precedente nonostante una rosa importante. Essendo il doping diventato da pochi mesi in Italia anche reato penale, nel 2007 Couto è condannato a 4 mesi di detenzione e 44 mila euro di multa.
Getty ImagesVinta una seconda Coppa Italia nel 2003/04, resta alla Lazio fino al 2004/05, accettando dopo la crisi societaria di decurtarsi lo stipendio da 2,2 milioni a 450 mila euro pur di rimanere. In quella sua ultima stagione nella capitale eredita anche la fascia di capitano da Paolo Negro. Un infortunio, beffa del destino, gli fa chiudere l'anno con 3 settimane di anticipo. Lascia Roma dopo 11 goal in 217 partite. Rientra ad Euro 2004 con la sua Nazionale, ma il torneo è amaro per Couto e per i lusitani, sconfitti in finale dalla Grecia. Quella gara segna la fine del sogno del difensore e dei suoi compagni storici della 'Generazione d'oro' del calcio portoghese di vincere qualcosa a livello internazionale da calciatori professionisti.
Nel 2005 Couto fa ritorno al Parma, ma ormai lo smalto dei tempi migliori è smarrito, mentre si moltiplicano a dismisura le sanzioni disciplinari nei suoi confronti e i comportamenti censurabili. Il 2007/08, in particolare, è una stagione tribolata per la squadra, che retrocede in Serie B, e per il calciatore, 'protagonista', per così dire, di diversi episodi da bollino rosso. Prima il 31 ottobre del 2007 è punito con una squalifica di tre turni, col l'aiuto della prova TV, per aver sputato verso l'attaccante albanese del Livorno Erjon Bogdani. Successivamente, il16 aprile del 2008, è squalificato per quattro giornate di campionato e deve pagare una multa di € 5.000 per aver tirato un pugno a Giorgio Chiellini e in seguito anche applaudito ironicamente l'arbitro durante Juventus-Parma.
A fine campionato, qualche mese prima di compiere 39 anni, decide che è il caso di smettere e appende gli scarpini al chiodo. Per il 'cattivo' di Espinho un poco invidiabile score di 18 cartellini rossi rimediati in carriera. Qualche anno più tardi accetta un ruolo manageriale nella Federazione portoghese, diventando poi vice-allenatore del Braga e in seguito membro dello staff tecnico e dirigente del club lusitano. In Italia sarà sempre ricordato come valido difensore ma anche per i suoi comportamenti folli, che lo rendono uno dei personaggi più pittoreschi del calcio italiano fra gli anni '90 e gli anni Duemila.