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Claudio MarchisioGetty/Goal

Claudio Marchisio, il Principino che dormiva in macchina

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Il Principino. Claudio Marchisio. Nessuna connessione è più facile nel mondo Juve, e in generale nel calcio italiano. Anche se, quando pensi a quel soprannome, ti immagini gli sia stato cucito addosso per il suo stile di gioco, sempre pulito ed elegante. Per il suo modo di agire e di pensare, sempre razionale a mai scadente. Eppure il Principino ha un'origine quasi inaspettata, legata al lato di Marchisio che in pochi hanno conosciuto.

E' quel lato da ragazzino, anche un po' incosciente, che amava follemente il calcio ma non voleva comunque rinunciare alle sue uscite. Ad andare in discoteca, a fare tardi e dormire poco. A quei tempi era ancora un giocatore della Primavera, non sapeva che sarebbe diventato un simbolo della Juventus. Lui stesso ha raccontato che quella maglia, indossata per la prima volta nel 1993, per lui era più che altro un privilegio. La viveva così, senza l'ossessione di dover diventare per forza un calciatore professionista.

Claudio MarchisioGetty/Goal

Il Principino non è nato dunque in campo, ma in quelle serate. Lo vedevi tutto vestito bene, con la faccia pulita. E ti sembrava proprio quello: un Principino.

"A 19 anni andavo in discoteca con l’abito, mi piaceva. Il soprannome “Principino” nasce dal fatto che spesso mi presentavo così anche agli allenamenti, ma non per vezzo: è successo spesso che arrivassi direttamente dalla serata e dormissi tre ore in macchina nel parcheggio del campo sportivo".

Perché comunque Marchisio agli allenamenti ci andava sempre. Mai a saltarne uno, mai ad arrivare in ritardo. Anzi, a volte era lì già prima di tutti, già prima persino di capitan Del Piero.

"Una mattina - ha raccontato a 'DAZN' - mi ha svegliato il rombo di motore della macchina di Del Piero. Io avevo dormito in auto perché era talmente tardi che non conveniva tornare a casa, quindi avevo dormito nel parcheggio salutando Alex che, ignaro, mi faceva i complimenti per la puntualità".

Sembrano le classiche storie di chi poi si è perso, invece Marchisio è proprio da qui che è partito. Dalle dormite in auto, dalla Juventus in Serie B, dalla semplicità che ormai nei giovani calciatori è caratteristica praticamente assente. Deschamps gli ha dato fiducia, Ferrara lo ha reso un centrocampista più completo, Conte lo ha consacrato come vincente.

"Ci ha toccato nell’orgoglio. Ci ha detto: E’ due anni che arrivate settimi, è due anni che fate schifo. Quindi qui o si pedala o si va via. Ci ha spinto a metterci alla prova, ad aver voglia di guadagnarci le vittorie.”

Conte per Marchisio è stato sempre un'ispirazione, sin da prima che allenasse la Juventus. Anche il suo numero 8, che ha indossato per quasi 10 anni, ha un'origine specifica, un significato profondo. Alla Juve non è stato mai banale, da Tardelli a Conte. E sulle spalle di Marchisio si è ulteriormente impreziosito.

 "È il simbolo del centrocampo, la capacità di fare le due fasi, la duttilità. Quello che si inserisce. Nasce tutto nell'anno del ritiro di Pavel Nedved. Avevo il 19, scelto per il mio compleanno, Amauri cambia: passa dall'8 all'11. E il numero si libera. A Pessotto, che era il team manager, ho rotto le scatole tutta l'estate affinché quella casacca vacante andasse al sottoscritto".

Ma il momento esatto in cui ha capito di voler diventare un simbolo della Juventus, è stato proprio mentre non indossava la maglia bianconera. Era in prestito all'Empoli, ma aveva in testa solo la Juve. Il suo futuro nella Juve, il suo posto prenotato nella storia.

"Si parla di bandiere che non ci sono più, di calcio globale che cambia, di valori che si sarebbero persi. Io ho solo in mente di fare il numero più alto di presenze con questa maglia. Sarebbe il massimo per me: diventare una bandiera della Juve. Vorrei poter non andare più via. Del resto ho fatto solo un anno fuori, ad Empoli; non lo rimpiango perché mi ha fatto crescere tantissimo come uomo, ma se non ci fosse stato sarebbe stato perfetto".

Alla fine è dovuto andare via, anche se non era pronto a farlo. Avrebbe voluto giocare almeno una partita con Cristiano Ronaldo, un piccolo grande rimpianto. L'ultima stagione allo Zenit è stata un po' come quella all'Empoli. Una bella esperienza, edificante, ma per dirlo con le sue parole: 'Se non ci fosse stata sarebbe stato perfetto'.

Possiamo comunque dire che 318 presenze e 14 trofei bastano e avanzano per lo status di bandiera. Possiamo comunque dire che Marchisio ce l'ha fatta. Ha trasformato il Principino che dormiva in macchina in un qualcosa di molto più grande. Lo ha trasformato nel Principino della Juventus, per sempre.

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