GOALIvan Luis Zamorano Zamora è uno di quei giocatori storici, un vero e proprio simbolo, quasi un marchio di fabbrica. Un soprannome passato alla cronaca come uno dei più iconici: BAM-BAM. Difficile da spiegare il significato di questo nomignolo, però molto facile capirne il senso guardandolo giocare. Ha lasciato il suo graffio con il Real Madrid, con l’Inter e con il Cile.
Inizia a giocare ovviamente in patria, in Cile, con la maglia del Cobresal, dalle giovanili fino alla prima divisione. Nonostante una statura fisica non particolarmente statuaria, è alto infatti solo 179 centimetri, spicca una specialità tra le sue caratteristiche da calciatore: lo stacco di testa. In carriera segnerà tantissimi goal proprio di testa, in elevazione. Ma com’è possibile? Semplice, perché come ha rivelato lui stesso, da bambino si allenava con il lampadario del suo salotto, staccava da terra sempre più in alto fino a riuscire a colpirlo con la testa. Un allenamento grezzo, ma evidentemente molto efficace.
Si fa un nome in Cile, vince anche una Coppa nazionale nel 1987, ma capisce dentro di sé che è arrivato il momento di compiere il grande salto in Europa, senza passare per nessuna delle grandi e storiche squadre cilene. Arriva in Italia, nel 1988, a Bologna. La squadra rossoblù lo illude, però poi lo scarta, ritenendolo ancora troppo acerbo. Bam-Bam decide così di partire in un certo senso dal basso in Europa, firmando con la squadra svizzera del San Gallo. Mai scelta fu più azzeccata: segna caterve di goal, diventa capocannoniere del campionato svizzero e la scelta si rivela un trampolino perfetto per la Liga.
Dopo due stagioni al San Gallo, contraddistinte da 37 goal in 61 partite, punta su Zamorano il Siviglia. Per lui è l’occasione ideale per scalare il panorama del grande calcio a piccoli passi. E anche qui resta per due stagioni, ma non perché non si trovasse bene, semplicemente perché nel 1992 arriva la chiamata a cui non puoi dire di no: il Real Madrid.
Con la maglia delle Merengues Ivan Zamorano si consacra definitivamente. In un certo senso si tratta di un pesce fuor d’acqua, perché Bam-Bam non è mai stato un giocatore particolarmente tecnico nel senso più puro della parola. Ed il Real Madrid cominciava ad essere la squadra dei Galacticos, senza il ‘pass’ dell’enorme classe, era difficile staccare il biglietto per giocare in quella squadra. Zamorano tuttavia sovverte quel pregiudizio a suon di goal.
Fondamentale nella vittoria del campionato spagnolo 1994-1995, quando diventa anche “Pichichi” (capocannoniere) con la bellezza di 28 goal segnati. Per capire il livello di quegli anni in Spagna, basta semplicemente ricordare che la stagione precedente il “Pichichi” era stato Romario, due stagioni dopo invece Ronaldo. Così.
Il 7 gennaio 1995, in particolare, il suo nome si scrive indelebilmente nella storia del Real Madrid. I Blancos rifilano una manita ai rivali storici del Barcellona: cinque goal caratterizzati da una tripletta di Bam-Bam, in serata di grazia, con lo zampino messo anche negli altri due goal di Luis Enrique e José Amavisca. Mattatore assoluto. Quella serata faceva coppia con Raul, a centrocampo c’era gente come Laudrup e Luis Enrique, mentre la difesa era guidata da Hierro.
I tifosi del Real Madrid se ne innamoreranno in quei quattro anni, e ci mancherebbe altro con 103 goal messi a segno in 178 partite ed una grinta che da quelle parti non si vede tutti i giorni. Ma con il passare degli anni all’interno dello spogliatoio qualche purista dell’estetica comincia un po’ a storcere il naso, in primis Laudrup e Raul, si vocifera. Così nell'estate 1996 passò all'Inter per 4 miliardi di lire. Per lui è la grande occasione del riscatto in Italia, dopo il rifiuto del Bologna di otto anni prima.
Nel periodo all’Inter appare sùbito evidente una cosa: Zamorano abbassa la sua vena realizzativa rispetto a tutte le altre esperienze in carriera. Sicuramente per via della difficoltà della Serie A e anche per una concorrenza paurosa in attacco. Ma non è questo il punto: il cileno viene adorato e amato dai tifosi di San Siro a prescindere dai suoi goal, che comunque saranno 41 in totale e alcuni di questi decisivi. Il pubblico dell’Inter prende a cuore quella sua faccia da indios e quella sua incredibile tenacia che mette in campo. Non si finisce mai di applaudire un giocatore che in campo lascia tutto. Gioca con la maglia numero 9 (particolare non trascurabile) e alla prima stagione sfiora la vittoria della Coppa UEFA, persa nella doppia finale contro lo Schalke: goal decisivo proprio di Bam-Bam nella finale di ritorno per riportare i conti in equilibrio, proprio prima che il cileno si rendesse protagonista di uno dei rigori sbagliati nella lotteria finale.
Poco male, però, perché l’Inter e Zamorano si rifaranno la stagione seguente. A Milano nel mentre è arrivato un certo Ronaldo Luís Nazário de Lima. I nerazzurri arrivano nuovamente in finale di Coppa UEFA, a Parigi, contro la Lazio (era il periodo d’oro del calcio italiano come si può facilmente intuire). La squadra di Gigi Simoni vincerà con un secco tre a zero: Zamorano aprì le danze dopo pochissimi minuti, Zanetti firmò il raddoppio ed il Fenomeno chiuse la pratica con un doppio passo ai danni di Marchegiani passato alla storia.
E proprio la stagione seguente, quindi la terza di Zamorano con l’Inter, arriva l’aneddoto che forse più di ogni altro ha contraddistinto l’attaccante cileno in vita sua. Ronaldo ha vinto il Pallone d’Oro e, anche per ragioni di sponsorizzazioni, è arrivato il momento di cedere la maglia numero 9 proprio al Fenomeno brasiliano. Zamorano è un po’ rammaricato, ma arriva l’idea di Sandro Mazzola, che Bam-Bam raccoglie senza pensarci un secondo.
“Decisi di lasciare il mio numero a Ronaldo e Sandro Mazzola mi fece: ‘Dai Ivan, puoi sempre optare per una somma. Il 18, il 27, vedi un po’ tu’. La somma… Quella parola mi rimase impressa. ‘Posso farla per davvero’, pensai. Andai a chiedere a Moratti se fosse possibile mettere un ‘+’ tra i due numeri. Una volta ottenuto il permesso anche della Lega, affidai questo compito a Paolo e Claudio, i magazzinieri. Dopo qualche giornata di campionato con il nastro adesivo incollato sulla schiena tra i due numeri, la mia maglietta diventò la più richiesta nei negozi. A quel punto, la Nike cominciò a produrle con il + già stampato”.
ArchivoUna storia pazzesca, che ancora oggi è impressa non solo nella mente dei tifosi dell’Inter, ma in quella di tutti gli appassionati di calcio in giro per il mondo. Il 1998 fu un grande anno per lui, culminato con la candidatura al Pallone d’Oro e con il Mondiale 1998 disputato con il suo Cile. Erano gli anni della coppia magica formata con l’altro ‘italiano’ Marcelo Salas. Al torneo di Francia il Cile si arrese agli ottavi di finale soltanto di fronte al Brasile, proprio di Ronaldo.
Con l’Inter vinse solo quella Coppa UEFA, senza mai riuscire a vincere lo Scudetto, sfiorato nel 1997-1998 (la Serie A caratterizzata dal famoso contatto tra Ronaldo e Iuliano) Lascerà l’Inter nel 2001, dopo aver trascorso un’ultima stagione praticamente da fantasma, anche a causa di alcuni infortuni e di un inevitabile ricambio generazione in atto all’Inter. Ma non volle smettere con questa parentesi la sua carriera.
Andrà a giocare in Messico, con lo storico Club America, vincendo un Torneo di Clausura e segnando ancora tantissimi goal, soprattutto per un giocatore di una certa età. Chiude la carriera, come aveva già annunciato da tempo, in patria al Colo Colo. Tra alti e bassi.
Nel 2003 appende quindi gli scarpini al chiodo, ma non fu una scelta facile, fisiologica, maturata al termine di un percorso naturale. Niente affatto. Zamorano voleva continuare a giocare, si stava godendo la sua patria, il Colo Colo, ed i tifosi che lo adoravano.
Ma una macchia nella sua carriera, una delle poche, ha segnato quel periodo in maniera incontrovertibile: è stato squalificato ben 11 giornate per aver aggredito l'arbitro durante la gara di ritorno della finale del torneo di apertura contro il Cobreloa. Accettò la squalifica, per un momento pensò anche di tornare. Ma ormai all’età di 36 anni anche il fisico stava chiedendo il suo conto.
Decise di lasciare il calcio e lo fece con un addio di quasi sei mesi, ripercorrendo tutte le città della sua carriera. Lacrime al Santiago Bernabeu, prima di un Derby Real-Atletico, tre giorni dopo lacrime a San Siro, per un giro d'onore davanti al pubblico dell'Inter, di cui fu idolo per cinque anni. Poi a fine anno, a dicembre, organizzò la sua partita d’addio a Santiago, davanti a 60mila spettatori. Parteciparono a quella partita anche Ronaldo, Zanetti, Valderrama, Butragueño e tantissimi altri campioni. Al termine di quella partita, sempre in lacrime, Zamorano si congedò dal calcio giocato con queste parole.
"Per me è difficile abbandonare il calcio, che mi ha dato tanto. Spero di essere ricordato come un lottatore, un guerriero e anche come una buona persona, oltre che un buon giocatore".
Oggi è un procuratore sportivo, ha un’agenzia in compagnia di Hugo Rubio (altro ex calciatore cileno). Si occupa prevalentemente di calciatori connazionali e ogni tanto consiglia anche qualche talento all’Inter in qualità di scout. Ma per i suoi tifosi sarà sempre e solo BAM-BAM.
