"Nel mio post-carriera sarebbe bello trovare talenti: parlargli e dirgli cosa ho fatto bene e cosa ho fatto male, metterli in guardia sulle esperienze. Potrei evitargli tanti problemi: o magari faccio il giornalista", sorride Mario Balotelli. Il suo momento è uno dei più positivi degli ultimi anni: 12 goal in 27 gare con l'Adana Demirspor, in Turchia, e la fiducia di Vincenzo Montella gli hanno permesso di lasciarsi il passato alle spalle.
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Roberto Mancini non lo ha convocato per gli spareggi qualificazione per i Mondiali in Qatar, vero, ma la sua chiamata per l'ultimo stage della Nazionale italiana lo ha, in qualche modo, ripagato degli sforzi fatti per ritornare quel che è sempre stato: un attaccante praticamente infallibile.
Intervistato daDAZN, Mario Balotelli si è aperto raccontando alcuni aneddoti del passato e volgendo uno sguardo al futuro.
"Sono felice di quello che ho fatto: a livello di club ho vinto tutto. Mi manca è qualcosa a livello di Nazionale, ma è l'unica cosa che posso rimpiangere veramente. Speriamo non sia troppo tardi. Il ritorno in Nazionale? E' stata una convocazione per uno stage, ma è stata emozionante perché non me l'aspettavo. Tutto mi aspettavo, tranne che quello. Mi auguro che l'Italia vada ai Mondiali. Se vai al bar dicono tutti: 'Eh, bisogna giocare col Portogallo', ma c'è la Macedonia del Nord, ok, siamo più forti sulla carta, ma non è da sottovalutare. Come non è da sottovalutare la Turchia. Il momento più bello della mia carriera in Nazionale sono stati gli Europei, senza dubbio".
Due gli allenatori che, più tra tutti, hanno rappresentato qualcosa per Mario Balotelli: Roberto Mancini e Cesare Prandelli.
"Roberto Mancini è l'allenatore che, nella mia carriera, è quello che ha rappresentato di più. E' lui che mi ha fatto partire con l'Inter: aveva una situazione in cui c'era Ibrahimovic che non stava benissimo, c'era Adriano che a volte c'era e altre no, ma aveva Cruz e Crespo e ha avuto coraggio a mettere me. Non penso che altri allenatori l'avrebbero fatto. Anche con Cesare Prandelli mi sono trovato bene: è stato molto permissivo con me, ma anche molto rigido".
Uno dei temi più importanti della sua storia calcistica è stato senza dubbio quello relativo al suo inizio all'Inter e al rapporto con i tifosi nerazzurri.
"Se qualche tifoso dell'Inter in passato mi ha odiato oggi lo posso anche capire, perché io ho dato tanto all'Inter, ma ho anche sbagliato: insomma, la storia della maglietta, poi sono andato al Milan... posso capirlo. Se potessi tornare indietro cancellerei l'episodio della maglietta: perché è successo? Perché volevo troppo bene ai tifosi dell'Inter: in quella partita ero entrato anche molto bene, ma avevo sbagliato il primo passaggio, ho sentito fischiare e l'ho presa male. Sarebbe stato bello vedere un Balotelli bandiera dell'Inter con la fascia da capitano: quando sono arrivato all'Inter era questo l'obiettivo con Moratti. Il presidente era inarrivabile: mi aveva regalato una moneta d'oro, ma non capivo il gesto. Mi dicevo: 'Perché mi ha regalato una moneta d'oro?'. Poi sono andato da Marco Materazzi che mi ha detto: 'Ma sai che questa l'ha regalata a Ronaldo il Fenomeno, a Recoba, ad Adriano e a Ibra? L'ha regalata solo a queste quattro persone qua: se te l'ha regalata c'è un motivo'".
Il futuro è tutto da scrivere: difficilmente, però, rivedremo Mario Balotelli giocare nuovamente in Italia.
"Se tornerò mai in Italia a giocare? La vedo dura. Al Napoli? Bisogna chiedere a De Laurentiis: se non fosse stato per lui sarei già da dieci anni a Napoli. Sono innamorato di Napoli, l'avevo detto anche a Mino Raiola: avrei sempre voluto giocare a Napoli".
