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Dall'apice al declino: Alvaro Pereira, l'antieroe della 'Garra Charrua'

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Il terzino sinistro è stato per anni un ruolo delicato all'interno delle dinamiche dell'Inter: l'addio burrascoso di Roberto Carlos nel 1996 ha creato un solco nel quale sono caduti tutti (o quasi) coloro che hanno provato a emularne le gesta, dando adito ad una vera e propria incompiuta tecnica che attualmente sembra essere stata risolta col passaggio al 3-5-2 e con la nuova sistemazione di Perisic, esterno a tutta fascia dai polmoni inesauribili.

Nel tritacarne dell'opinione pubblica è finito anche Alvaro Pereira, una delle tante vittime della maledizione della corsia mancina nerazzurra, ancora oggi ricordato con estrema negatività dalla tifoseria per la scarsa qualità delle prestazioni offerte in una stagione e mezza da dimenticare, nonostante un curriculum di buon livello al momento dello sbarco a Milano.

Uruguaiano di Montevideo, Pereira esordisce in uno dei club della sua città, il Miramar Misiones, prima di tentare l'avventura nella vicina Argentina con le maglie del Quilmes e, soprattutto, dell'Argentinos Jrs: è con i biancorossi di Buenos Aires che gioca la sua miglior stagione di sempre, mettendo a segno addirittura 11 reti nel 2007/2008 che gli permettono di raggiungere l'obiettivo di ogni calciatore sudamericano, ossia approdare nel più competitivo calcio europeo.

Il percorso di Pereira nel vecchio continente avviene per gradi: il primo in Romania, al Cluj, dove conquista una Coppa rumena e si fa notare con le sue progressioni in Champions League, affrontando peraltro la Roma di Luciano Spalletti durante la fase a gironi. La prima annata europea non raggiunge i fasti della precedente a livello realizzativo, ma è sufficiente per far sì che il Porto si accorga di lui.

I Dragões sono tra i club migliori per crescere in un contesto allo stesso tempo ambizioso e bramoso di vittorie ma anche scevro da pressioni, l'ideale per chi ha tutta l'intenzione di fare un altro step verso il top a livello europeo: in Portogallo Pereira fa incetta di trofei 'domestici' ma, la ciliegina della torta, è l'entusiasmante cavalcata nell'Europa League 2010/2011 (sì, quella dei 17 goal di Radamel Falcao), conclusa con la coppa alzata al cielo di Dublino dopo aver prevalso per 1-0 nella finale tutta lusitana contro il Braga.

Balotelli Alvaro Pereira Italia UruguayGetty

Il 2011 è un anno d'oro per 'El Palito' che, qualche mese più tardi, vince a sorpresa anche la Copa America disputata in Argentina con il suo Uruguay, segnando 2 dei 3 goal della Celeste nella fase a gironi. Pereira ha tutti ai suoi piedi e soltanto in un modo potrebbe andare meglio: con la chiamata di una società ancora più prestigiosa, magari l'Inter, dove fino a qualche anno prima ha giocato un esponente sacro della 'Garra Charrua', Alvaro Recoba.

La 'Beneamata', storicamente squadra zeppa di sudamericani, è il top per un calciatore latino, l'habitat ideale per sostenere il peso nostalgico della propria patria a suon di Mate, famosa bevanda uruguaiana che dalle parti di Appiano Gentile è più bevuta della Coca Cola. Nell'estate 2012 comincia a muoversi qualcosa in tal senso: l'interesse dell'Inter è reale, ma lo è anche quello del Napoli, con cui va in scena un duello di mercato risolto soltanto negli ultimi giorni di agosto.

A certificare l'insidia partenopea per i meneghini è anche lo storico ex ct uruguaiano Oscar Washington Tabarez, che in una conferenza stampa da Le Havre rivela un'indiscrezione di mercato niente male.

"Un giornalista brasiliano mi ha confidato che Alvaro Pereira si trasferirà in prestito al Napoli. Spero che questa voce sarà confermata perché si tratterebbe di un passaggio importante per la carriera del giocatore, in un club che gioca un ottimo calcio che potrebbe giovargli".

Purtroppo per Tabarez, a spuntarla alla fine è l'Inter che riesce a strappare un accordo col Porto sulla base di 10 milioni di base fissa, più ulteriori 3.5 di bonus (ai portoghesi ne andrà però soltanto 1 legato al numero di presenze), cifra non banale per un terzino in un calcio non ancora totalmente condizionato dall'inflazione attuale.

Per Pereira è un sogno ad occhi aperti, iniziato in anticipo sulla tabella di marcia: il suo aereo atterra a Malpensa un quarto d'ora prima del previsto, quasi un segnale della voglia irrefrenabile di lasciare il segno anche a Milano.

"L'Inter è un sogno, - dichiara Pereira ai giornalisti presenti al suo arrivo - non potete nemmeno immaginare quanto questa squadra sia amata all'estero. In Sudamerica, quando si è bambini, si guardano le partite dell'Inter. Sono felicissimo, l'idea di poter giocare con questa maglia è incredibile. Non vedo l'ora di svolgere le visite e unirmi in gruppo.
Ho sempre ammirato Recoba, l'ho sempre seguito con interesse. Spero di vincere tanti trofei qui per fare felici i tifosi. Ritroverò Gargano e Guarin che mi aiuteranno ad integrarmi velocemente, mi hanno detto che è un club fantastico".
Alvaro Pereira InterGetty

I trofei rimarranno però un'utopia e queste frasi piene d'entusiasmo diverranno perfette per la storica rubrica dei 'Fenomeni parastatali' della Gialappa's Band: il 26 settembre 2012 sigla la sua prima e unica rete in nerazzurro al 'Bentegodi' contro il Chievo (con il VAR sarebbe stata annullata per fuorigioco), ma ben presto emergerà la matrice di prestazioni unite dal filo diretto della negatività, in sintonia con la stagione disgraziata dell'Inter.

Pereira diviene uno dei bersagli preferiti dai tifosi, criticato per i movimenti sgraziati e una tecnica che lascia molto a desiderare, tanto che qualcuno si chiede come sia stato possibile non accorgersi in tempo dell'errore di acquistarlo. Un flop in piena regola, in linea con le ataviche difficoltà incontrate da Andrea Stramaccioni in panchina: alla fine della stagione 2012/2013 l'Inter resta fuori dalle coppe europee e Moratti decide di affidarsi all'esperienza di Walter Mazzarri.

Nonostante il gradimento mostrato per Pereira ai tempi del Napoli, poco prima del passaggio all'Inter, il feeling tra il tecnico di San Vincenzo e 'El Palito' non decolla: sono appena 7 le presenze collezionate tra campionato e Coppa Italia fino a gennaio 2014, quando i nerazzurri trovano finalmente nei brasiliani del San Paolo degli acquirenti. La formula della cessione è quella del prestito con diritto di riscatto, il male minore, seppur la soluzione dell'obbligo avrebbe trovato maggiori consensi a Milano.

La parabola discendente di Pereira sembra arrestarsi quando viene eletto miglior terzino sinistro del Brasileirao, ma è un fuoco di paglia. Giunge alla cronache anche grazie ad un episodio alquanto bizzarro, almeno nella sua conclusione: dopo un contrasto con un avversario, il classe 1985 sbatte violentemente il volto a terra rimanendo per qualche secondo privo di sensi e richiamando l'attenzione dei sanitari, che lo posizionano su una barella per trasportarlo sull'ambulanza, nel frattempo giunta a bordocampo.

Alla visione del mezzo che avrebbe dovuto trasportarlo in ospedale per gli accertamenti del caso, Pereira però si rifiuta di salirci su e chiede di rimanere in campo, tra l'incredulità generale: ed effettivamente la sua richiesta viene accolta, con l'immediato rientro sul terreno di gioco che strappa applausi e qualche sorriso ai tifosi del San Paolo.

L'idillio con la torcida del Tricolor Paulista si interrompe dopo un anno, quando l'Inter è costretta a trovargli una nuova sistemazione: a cascare nel 'tranello' stavolta è l'Estudiantes di Juan Sebastian Veron, che acconsente all'inserimento dell'obbligo di riscatto al raggiungimento del 40% delle presenze annuali. Riscatto che si concretizza nel novembre 2015 con il versamento di 3.7 milioni di euro nelle casse dei nerazzurri, che finalmente riescono a 'liberarsi' di un giocatore da anni estraneo al progetto.

La scelta del trasferimento a La Plata è puramente personale, visto che sua moglie e sua figlia sono nate lì: un estremo tentativo per ritrovare la pace interiore, andato miseramente a vuoto. L'epilogo dell'avventura con l'Estudiantes è davvero pessimo: in una sfida con il Gimnasia, Pereira colpisce alla testa con un calcio volante l'avversario Facundo Oreja e viene ovviamente espulso, scatenando un parapiglia tra le due squadre. La punizione è esemplare: otto giornate di squalifica che fanno slittare il ritorno in Europa al Getafe, alla luce della gravità della sanzione che deve essere scontata a prescindere dal campionato di appartenenza.

Alvaro Pereira EstudiantesGetty

Con gli Azulones, Pereira disputa appena 6 gare di Liga nel primo semestre del 2016, durante cui è ceduto con la formula del prestito. Stessa soluzione per il passaggio al Cerro Porteño, tappa contraddistinta dal successo in campionato ma anche dagli innumerevoli infortuni che rendono la sua permanenza in Paraguay un calvario dal punto di vista fisico.

Dopo due brevi intermezzi al Nacional in patria e al River Plate Asuncion, nel 2020 Pereira si rivede in Europa nel contesto slovacco del Sered, dove colleziona un solo gettone in quattro mesi, prima del ritorno in Sudamerica all'Estudiantes de Merida, sua ultima squadra prima del ritiro e dell'esordio come allenatore alla guida del Defensores de Cambaceres in Argentina. Nella mente sono ancora presenti i ricordi interisti, rievocati nell'intervista rilasciata a 'FcInterNews' nel marzo 2020.

"Se a Milano ho sofferto la pressione? No, credo che i nerazzurri mi avessero pagato quanto valessi. Allora io con la Nazionale e con il Porto avevo conquistato titoli su titoli, ben otto in tre anni, tra cui anche l’Europa League. Pensi che Mazzarri mi voleva al Napoli e Lotito alla Lazio. E l’anno precedente i lusitani non mi vollero cedere al Chelsea".
"Il più forte di quella squadra? Le dico la verità. Io arrivai solo due anni dopo il Triplete. E molti giocatori del 2010 erano rimasti in nerazzurro. Per me parliamo di una sorta di Dei del calcio. Poi se devo fare solo un nome, nomino Pupi (Zanetti, nda)".
"Il livello al Porto era alto, ma per poter pensare di vincere la Champions dovevamo rinforzarci bene. Io volevo vincere - affermò inoltre a 'Record' - Capii che loro cercavano di affermarsi in patria cercando di vendere giocatori più che comprarne.A quel punto dissi che avrei preferito andarmene. Quello, comunque, fu l'errore più grande della mia carriera".

Sensazioni da custodire nel libro delle emozioni per tutta la vita, in contrasto con quelle provate dalla grande maggioranza del pubblico interista: che ricorderà per sempre Alvaro Pereira, ma non nel senso prediletto dal 'Palito'.

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