Eppure, fino al 1994, ovvero fino ai suoi trent’anni, per Franco non è stato facile lasciare il segno: e, forse, anche per questo motivo la sua storia viene difficilmente ricordata.
Avete presente l’Alcione? Oggi è un club professionistico, milita nel Girone A della Serie C, ed è - di fatto – la terza squadra di Milano. Una squadra capace di tenere testa ad altre dal grande e storico blasone, e al contempo di far crescere talenti come quello dell’Azzurro Nicolò Rovella. Ma non è sempre stato così: per anni, l’Alcione è stata una società di riferimento nel panorama del dilettantismo. Le sue squadre giovanili hanno vinto titoli regionali e nazionali, mentre i grandi puntavano alla scalata categoria dopo categoria.
Ed è in questo passato ormai remoto che si ambienta la sua storia di bomber di provincia. Con la maglia arancione Franco gioca, corre, fatica, per anni ma i goal sono pochi: tardano ad arrivare con costanza. Quattro al primo anno, otto al secondo, cinque al terzo. Qualche infortunio qua e là a minarne il rendimento, quando rompersi il menisco voleva dire saltare un campionato intero. Quasi una maledizione. E per rompere una maledizione serve un amuleto: o quasi.
È in quel momento che Franco scopre “l’elemento Predator”, e la sua storia cambia: oltre a segnare con continuità, l’ex giocatore dell’Alcione sveste i panni del semplice attaccante e diventa un vero bomber, con un incredibile fiuto del goal.
I risultati si vedono anche dalle prestazioni: migliora la balistica e il suo tiro diventa micidiale. Il cognome, una volta "maledetto" lo rende invece una piccola, ma autentica, leggenda di provincia.