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3x3 Retegui HDGOAL

Il Var ha davvero migliorato il calcio? Dybala 'mediano' a cosa serve? Retegui è il miglior attaccante della Serie A? Il 3X3 di GOAL

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Il Var ha davvero migliorato il calcio? Dybala 'mediano' serve davvero alla Roma? Retegui è il miglior attaccante in Italia?

Tre domande a tre giornalisti di GOAL sui temi del momento: il punto di vista di Marco Trombetta, Stefano Silvestri e Antonio Torrisi nel nostro 3x3.

  • UEFA VARuefa.com

    Il Var è davvero un bene per il calcio?

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  • Marco Trombetta: "Il Var ha creato solo più confusione"

    Quando è stato introdotto il Var nel mondo del pallone, il pensiero generale è stato inevitabilmente questo: "Finalmente ci sarà maggiore chiarezza e meno polemiche". E allora perché oggi ci ritroviamo con ancor meno chiarezza e ancor più polemiche? Dove si è sbagliato? Di chi è la colpa?

    Il Var ha come prima cosa deresponsabilizzato gli arbitri in maniera gigantesca. La valutazione in campo praticamente non esiste più e nessuno si prende più l'onere di giudicare anche le situazioni più evidenti. Il problema è che anche la presumibile oggettività del Var è diventata soggettiva. Non c'è uniformità tra i varisti e quando si commettono errori la rabbia di società e tifosi è amplificata proprio dalla presenza del Var stesso, che era stato messo lì proprio per evitare tutto questo. A conti fatti, però, sembra solo che l'arbitro si sia spostato dal terreno di gioco alla sala Var. Che in fin dei conti si sia creata solo più confusione, perché ogni invenzione porta davvero benefici solo se viene utilizzata nel modo corretto e non esasperandone il concetto.

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  • Antonio Torrisi: "Ormai è uno strumento di distrazione: una deresponsabilizzazione continua"

    Qualcuno si prenda la responsabilità di spiegare cosa sta succedendo sui campi senza appellarsi ai "quattro requisiti del Dogso", alle "tre leggi della robotica" di Asimov e alle "tavole dei dieci comandamenti". I dogmi lasciamoli fuori dal rettangolo verde, per favore. Il calcio è uno sport "umano", con errori ed eventi imprevedibili.

    Cercare di rinchiuderlo nei limiti previsti dal Var, dalle regole fisse, implacabili e senza pietà alcuna, lo sta rendendo una pratica per analitici e teorici ("Siete tutti teorici", avete detto?), studiosi da scrivania. Il centimetro in più, la volontarietà, l'entità del colpo. E le discussioni in TV in balìa dei tecnicismi: un fallo è ancora fallo, o no? Un rosso può ancora essere rosso senza metterci dentro principi di etica e moventi? Spunti soggettivi?

    Qualcuno, ripeto, si prenda la responsabilità di spiegare cosa sta succedendo in campo usando il Var come uno strumento di risoluzione dei problemi e non di distrazione di massa. Perché parlando di "comportamento inaccettabile", di "linee" e di "entità" non solo si palesa una certa tendenza di deresponsabilizzarsi, soprattutto ai vertici, ma si fa tutto il contrario di ciò che si dovrebbe fare. Spiegare se un'infrazione è ancora un'infrazione e ammettere di aver sbagliato. Senza aver paura di passare per "antipatici": un sistema arbitrale non deve essere politically correct. Deve essere giusto.

  • Stefano Silvestri: "L'oggettività non può esistere: è questo il problema"

    Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio: secondo me si stava peggio quando si stava peggio. Il grande problema creato dall'introduzione della VAR, semmai, è legato ad aspettative sbagliate. La speranza che la tecnologia risolvesse ogni problema. Che l'oggettività prendesse possesso del calcio. Che il margine d'errore degli arbitri venisse completamente azzerato.

    Non è stato così; non poteva essere così. Il calcio è e resta soggettività, è valutazione umana di un uomo con fischietto e potere decisionale. Per dire: il contatto Anjorin-Politano a Empoli è da calcio di rigore? Per alcuni sì, per altri è un rigorino. Comunque la si pensi, è un classico caso in cui il VAR non può intervenire, perché un contatto tra le gambe effettivamente c'è. Le polemiche sarebbero sorte anche nel caso contrario, ovvero se Abisso non avesse indicato il dischetto.

    Poi c'è tutto il resto, ovviamente. Gli offside sì, dovrebbero essere sinonimo di oggettività, ma se fischiati per un'unghia non vanno giù a nessuno: vedi il caos del finale di Milan-Udinese. Ma è il regolamento, andrebbe modificato quello. E Douglas Luiz su Patric? Il designatore Rocchi l'ha definita “più una mezza spinta” che un pugno vero e proprio: discrezionalità pure qui. Alla faccia di un'oggettività che non può esistere.

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  • Paulo Dybala Roma 2024-2025Getty Images

    Dybala 'mediano' a cosa serve alla Roma?

  • Marco Trombetta: "La posizione di Dybala non mi ha fatto dormire la notte"

    Ragazzi, ma onestamente, possiamo davvero accettare che un giocatore come Dybala faccia il mediano? Possiamo accettare che giochi a 40 metri dalla porta? Al netto di tutti gli equilibri tattici che stanno ormai martoriando il calcio, è possibile che il giocatore più talentuoso della squadra non arrivi mai a tirare in porta e che sia lui a sacrificarsi difensivamente?

    L'emblema della partita di Dybala è la corsa di 50 metri per andare a coprire su Dimarco, prima che Celik regalasse il pallone a Lautaro per il goal vittoria dell'Inter. Goal che lo stesso Dybala ha provato ad evitare con un intervento in scivolata alla disperata. Per carità, in termini di sacrificio e applicazione, la partita dell'argentino è stata encomiabile. Ma a cosa è servito alla Roma? A cosa è servito imbrigliare il suo giocatore più talentuoso con compiti difensivi, relegandolo persino a una marcatura a uomo su Bastoni? In un mondo del calcio ideale dovrebbero essere i compagni a giocare per Dybala e non Dybala a giocare per i compagni.

    Abbassarsi per ricevere palla ci sta, ma andare a fare lavoro di interdizione è una roba che non mi fa dormire la notte. I giocatori di talento vanno preservati, esaltati, lasciati libere di inventare. Poi ci sta sacrificarsi per la squadra, ma è un qualcosa che per uno come Dybala dovrebbe essere un plus, non il primo compito della giornata.

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  • Antonio Torrisi: "Ma Dybala che ne pensa?"

    Prendi per mano Mile Svilar, la prossima volta, Paulo, già che ci sei. Indossa i guanti, mettiti tra i pali: o, se preferisci, gioca in difesa. Lancia dalla Curva. Gioca dove ti pare, seguendo i dettami del tuo allenatore: poi, però, facci sapere che ne pensi.

    Ecco, io la vedo così. Ivan Juric non ha fonti di gioco alternative a Dybala: e questo si sa. Gli lascia carta bianca, e va bene pure. Lui si abbassa, cerca spazio, si fa dare il pallone. Certo è che vederlo così basso fa specie.

    Ma non è tutta colpa della Roma, a mio parere. Non è colpa di Juric, cui unico "peso" è quello di essersi trovato al posto giusto, dopo la congiura operata ai danni di uno dei figli del popolo. E va bene anche questo, in fin dei conti, conoscendo le logiche del calcio. Ma questo Dybala non serve: non incide, non arriva a incidere. Però, ed è qui che voglio arrivare, bisognerebbe anche capire cosa ne pensa lui. Se è d'accordo o meno, e se non lo è perché non si fa sentire. Forse va bene anche a lui, vien da pensare. Forse gli è pure più comodo.

  • Stefano Silvestri: "Un talento del genere non può essere ingabbiato"

    Che lo stesso Ivan Juric, dopo Roma-Inter, abbia ammesso che “bisogna limitare queste corse all'indietro” fa capire come qualcosa non abbia funzionato completamente nel posticipo di ieri sera. E del resto vedere Paulo Dybala in quella strana fetta di campo ha fatto riflettere e più di un interrogativo lo ha creato.

    La Roma è povera di talento puro. Da anni, non da oggi. Totti non c'è più, gente come Pjanic o Nainggolan neppure. Ci sono buoni giocatori, ci sono ottimi giocatori, e poi c'è lui, Dybala: semplicemente il più bravo che sia passato tra le mani di José Mourinho, di Daniele De Rossi e infine di Juric. Quando si parla di lui, il punto di domanda costante riguarda un fisico sempre troppo fragile; mai la qualità, indiscutibile. Perché, dunque, limitarne a tal punto il talento?

    Un Dybala così non può servire alla Roma. Un talento del genere non può essere eccessivamente ingabbiato: si storceva il naso già quando lo faceva Allegri alla Juventus. Certo, al netto di un equilibrio che in una squadra non deve mai venire meno. Ma a che serve se poi ti ritrovi col sesto peggior rendimento offensivo della Serie A?

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  • Retegui De Ketelaere Venezia AtalantaGetty

    Retegui è il miglior attaccante in Italia?

  • Marco Trombetta: "Retegui è l'ennesimo capolavoro di Gasperini"

    Sette goal totali nella scorsa stagione col Genoa, già otto in altrettante partite con l'Atalanta. La crescita esponenziale di Retegui dipende sicuramente dal salto di qualità in termini di collettivo (il peso offensivo della Dea è decisamente superiore a quello del Grifone) ma anche dall'ennesima perfetta gestione da parte di Gasperini, che lo ha messo immediatamente al centro del progetto Atalanta.

    Inizialmente si pensava potesse essere un'alternativa al duo Lookman-De Ketelaere, invece si è rivelato sin dal primo momento inamovibile. Gasperini aveva bisogno di un '9' e Retegui è il '9'. Poche chiacchiere e concretezza, scetticismi spazzati via in un lampo. Subito dopo l'infortunio di Scamacca, l'Atalanta ha avuto le idee chiarissime su chi andare a prendere. Visto che negli ultimi giorni i paragoni si sprecano, io vi dico che a me Retegui ricorda il 'Tanque' Denis, uno che a Bergamo ha segnato 56 goal in 158 partite. Probabilmente, anzi, sicuramente Retegui non è il miglior attaccante che c'è in Serie A. Non è il più forte e nemmeno il più tecnico. Ma sa fare goal e viene messo in condizione di farlo. Una cosa che dovrebbe essere scontata per chi gioca in quella posizione. E Gasperini l'ha capito sin dal primo momento. Un bene per l'Atalanta e si spera anche per la nostra nazionale.

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  • Antonio Torrisi: "Adesso fa comodo a tutti, vero?"

    Ma ricordate quando Mateo Retegui è stato convocato per la prima volta da Roberto Mancini? E quando, invece, è stato preso dal Genoa? Che non era all'altezza della Serie A, del calcio italiano, della Nazionale?

    Bastava solo provarlo. Bastava aspettarlo. Bastava farlo giocare e vederlo: i goal li sta segnando. Ha sorpreso tutti: onestamente, ha sorpreso anche me, che però non lo conoscevo. E non lo conosceva, in verità, quasi nessuno.

    Neanche quelli che adesso si dicono contenti di avere in casa un attaccante vero, e che prima lo consideravano una "mossa disperata" di Mancini. Perché adesso fa comodo a tutti un centravanti italiano capace di segnare con continuità. Così è facile.

  • Stefano Silvestri: "Non è il migliore, ma è perfetto per Atalanta e Italia"

    No, Retegui non è il miglior attaccante della Serie A. In questo momento è il più in forma di tutti, questo sì. Il che, a ben vedere, è una notizia ancora migliore per l'Atalanta, che ha puntato su di lui nell'emergenza dell'infortunio di Scamacca e si è trovata in casa il sorprendente capocannoniere del campionato.

    Sorprendente? Sì, se si pensa che in tutta la scorsa stagione Retegui aveva segnato solo 7 volte con la maglia del Genoa. Ovvero meno di quanto abbia fatto oggi dopo 8 giornate. Ma era la sua prima volta nel nostro paese, in una squadra di livello inferiore rispetto all'Atalanta e con qualche guaio fisico a complicargli il cammino. Oggi Mateo sta bene di testa e di gambe, è in forma, anche tecnicamente ha fatto un passo in avanti. Con Lookman e De Ketelaere si intende a meraviglia, così come si intendeva a meraviglia con Gudmundsson a Genova.

    Retegui non è il miglior attaccante della Serie A, ma è il miglior attaccante possibile per l'Atalanta. E pure per l'Italia, che ha trovato in lui il finalizzatore che mancava e un uomo squadra perfetto per i meccanismi di Spalletti: che segni oppure no.

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