Sarà una sfida quasi in stile Formula 1 quella che stasera metterà di fronte il Lipsia e la Juventus. Da un lato infatti c’è Red Bull, proprietaria non solo del club tedesco ma anche della scuderia che sta dominando gli ultimi anni in pista con Max Verstappen; dall’altro invece c’è Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann che oltre a guidare il club bianconero è anche azionista di maggioranza della Ferrari La sfida di Champions League permette anche di riaccendere la luce sul «modello Red Bull», uno dei più rilevanti esperimenti marketing sportivo a livello internazionale nel mondo calcistico (puntando anche sul Torino, con la partnership annunciata nei giorni scorsi). Un sistema di squadre in provetta, che si è attirato tante critiche nel corso degli anni, da addetti ai lavori ma soprattutto dai tifosi.
Lo sbarco di Red Bull nel mondo del calcio è datato 2005, ma solo negli ultimi anni, con il Lipsia che ha centrato la sua prima semifinale europea della storia nel 2020 in Champions League entrando poi stabilmente tra le migliori 16 d’Europa, si è avvicinata al suo obiettivo: essere al top pure nel pallone. Il 2005, dicevamo, è l’anno in cui l’azienda dell’azienda delle lattine entra, tra le polemiche, nel calcio, anche se il marketing sportivo è stato da sempre una delle principali attenzioni della società austriaca (concentrata però più che altro sugli sport estremi).
Un’entrata a piedi uniti, seppur in un mercato “secondario” a livello europeo come il campionato austriaco: l’azienda fondata dal thailandese Chaleo Yoovidhya e da Dietrich Mateschitz (scomparso nel 2022 con la società ora guidata dal figlio Mark) compra l’Austria Salzburg, cambia tutto quello che si può cambiare (cancellando anche la storia). Operazione di marketing, un totale rebranding per una novità che coincide anche con la Formula 1, dove Red Bull entra sempre nello stesso anno acquistando quello che rimaneva della scuderia Jaguar.