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Juric metalGOAL

Ivan Juric, passione metal: "Pur di vincere un derby avrei ascoltato Ramazzotti un mese"

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"Seek and destroy"

Quando nel 1983 a Rochester, New York, veniva prodotto Kill 'Em All, primo album in studio dei Metallica, Juric era nato da pochi anni. Ivan viveva a Spalato, allora Jugoslavia. Figlio di un professore universitario di lettere classiche, suo modello di vita come dichiarato spesso durante la sua carriera da giocatore prima e da allenatore poi, conosce il mondo attraverso la letteturatura, i testi. I racconti.

Per il giovane Ivan poteva esserci una carriera universitaria. Non solo un hobby, ma anche un lavoro. Non appena le sue doti calcistiche vengono fuori, però, Juric senior non ha nessun dubbio: suo figlio potrà seguire il proprio desiderio.

E Juric vuole giocare a calcio. Mediano, corsa e polmoni. Ha grinta: trovare e distruggere, cantava James Hetfield nel primo disco dei Metallica. Quel testo così rabbioso, così potente, è uno dei primi impatti con il mondo metal per migliaia di ragazzini in giro per il mondo. Anche nella Spalato degli anni '80.

Juric entrerà nel mondo del calcio e in particolare nelle giovanili dell'Hadjuk all'inizio del decennio successivo. Prova a farsi strada con la sua tenacia, il suo desiderio di provare a renderlo un lavoro. In cui, nel suo ruolo, essere un pezzo di ferro è la necessità. Come caricarsi? Come essere più deciso degli altri? Walkman. Cassettina. Trovata, regalata, di fortuna. Chitarra elettrica. Metal.

  • METAL E CALCIO: OPPOSTI

    "Ho cominciato a 14 anni con Metallica e Megadeth, poi sono passato a cose più aggressive. Sicuramente ‘Kill’em All’ mi ha cambiato la vita. I primi quattro dischi dei Metallica sono tutti bellissimi, quelli dopo no, ma “Kill’em All” è il disco più grande".

    Prendete la definizione come volete, ma Ivan Juric è un metallaro. Ok, non indosserà anfibi, maglie di festival a cui è andato o cartuccere. Sopratutto ora che è uno degli allenatori più in vista della Serie A. Non ha richiami agli anni '80 sui vestiti, ma in termini di musica ascoltata, il suo genere è solo uno: il metal.

    Da quando ha cominciato ad interessarsi alla musica, Juric non ha più abbandonato il suo primo amore. Passando da Dave Mustaine e James Hetfield si è poi spostato sempre più verso il Death Metal.

    In giro si legge come Juric sia stato il primo giocatore metallaro, cosa impossibile da definire, ma di certo Ivan è uno dei pochi. Minoranza assoluta, in un mondo legato specialmente a rap, melodie pop e, nel secondo decennio del nuovo millennio, a trap e reggaeton.

    La musica è essenziale nello spogliatoio e prima di ogni incontro. Dalla radio si è passati al walkman, fino ai moderni sistemi. Principalmente oggi si usa il cellulare, in cui vengono inserite playlist per dare la carica.

    La carica di Juric, da mediano cattura palloni, era quella derivante da assoli, doppi pedali, giri di basso. La forza al cervello, la forza sulle gambe.

    "Il fatto è che i calciatori non capiscono un cazzo di musica" disse Juric in un'intervista a Rolling Stone, pochi mesi prima di appendere gli scarpini al chiodo nel 2010. "La conoscono superficialmente, la vita che fanno li condiziona e non hanno modo di scoprire a fondo altre cose. L'unico altro metallaro con cui ho giocato in 15 anni di carriera è stato un portiere argentino del Crotone".

    Non è chiaro di chi parlasse Juric, ma probabilmente l'amico con cui ha condiviso il pesante amore per la musica metal, in mezzo a tante melodie rassicuranti, è stato Nicolas Alejandro Cinalli, estremo difensore argentino transitato in rossoblù durante gli anni calabresi del centrocampista.

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  • IN GIRO PER I FESTIVAL

    Essendo un mediano di professione, spesso l'associazione con una descrizione ormai entrata nell'uso comune come 'Una vita da mediano', relativa al celeberrimo pezzo di Ligabue, è stata semplice e immediata.

    In giro si trovano tributi a Juric proprio in tal senso, con Ligabue come sottofondo e le sue giocate (pochi goal e tanti recuperi) in primo piano. Certo, la vita del croato è stata in tale posizione, ma la tranquillità, a tratti maliconica, del testo non è certo quello a cui è principalmente legato l'allenatore del Torino.

    "Il death metal è la mia passione, band come Napalm Death, Obituary e Carcass, artisti veri. Non mi piace il nu metal. I nuovi gruppi death sono senza sentimento, pensano solo alla velocità".

    Abbastanza chiaro. Juric vuole caricarsi, e saltare. Muoversi da una parte all'altra, in campo e fuori. Non si può tenere, perché non vuole rimanere fermo.

    Ogni volta che gli è stato possibile, Ivan Juric si è recato a concerti metal in Italia e in giro per l'Europa. Il belpaese ha come massima espressione musicale Sanremo, un festival che abbraccia però solamente pop o quasi: jazz, blues, metal e derivazioni, dance, niente di niente.

    Mentre in Italia è scomparso anche il Gods of Metal, in giro per l'Europa la quantità di festival è impressionante: per tutti i gusti, dal Tomorrowland al Sziget. Relativamente al metal si va dall'Hellfest al Wacken, passando per Graspop, SummerBreeze e Metal Days.

    Il desiderio di Juric, non appena conclusa la carriera da calciatore, era quella di girarli tutti, in un'estate di sola musica. Pochi mesi dopo la famosa intervista a Rolling Stone in cui racconta il suo amore per il Death, il centrocampista si ritira. Nel farlo, però, comincia a studiare per diventare allenatore, riuscendo ad entrare immediatamente nello staff tecnico della Primavera genoana, squadra amata e lasciata solamente come giocatore, non come suo rappresentante: diventa vice di Sidio Corradi.

    Insomma, il tempo per i festival è ben poco. Ma il lavoro è il lavoro:

    "Voglio passare un'estate intera in giro per l' Europa a vedermi tutti i festival, facendo il calciatore professionista sono stato a pochissimi concerti. L'anno scorso sono andato a vedere i Soulfly a Milano e buttandoti nel pit rischi davvero".

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  • Mosh pitGetty

    PASSIONE POGO

    I contratti stilati con le squadre professionisti contengono alcune clausole. Per proteggere il proprio investimento e i propri atleti, le società ne inseriscono svariate contenenti sport ed attività che potrebbero causare danni importanti.

    Nonostante il mondo delle clausole sia variegatissimo, come quella per non andare nello spazio profondo (tutto vero), probabilmente non esiste nessuna che vieti di pogare.

    Spiegare il pogo? Più facile a gesti, che a parole scritte. Bisognebbe averlo provato. Stringendo al massimo, nei concerti metal, punk, ska e via discorrendo con i generi più movimentati (qualcuno avrà da ridire per l'inserimento di alcuni), pogare ad un concerto consiste nel lanciarsi uno contro l'altro. Danzando, ballando.

    Si vive così il concerto sotto il palco, insieme, trascinati dalla musica, dal momento. Occhio, senza farsi male. Certo, può capitare, ma non è certo volontario. Un codice non scritto che tutti, dalle minute biondine ai giganti borchiati, cercano di rispettare. Non stiamo qui a spiegare cosa siano circle pit, wall of death. Cercate: ne vale la pena.

    Insomma, Juric quando ha potuto si è lasciato andare. E non è facile. Per niente.

    "Sono stato tre volte a vedere i Napalm Death e pogando rischiavo sempre di farmi male. Una volta mi sono detto 'faccio il bravo', ma dopo mezza canzone ero già nel pit. E un concerto a Praga non me lo perdo sicuro, c'è gente più aggressiva, vivono di più il concerto. Ai Soulfly a Milano la gente stava ferma, gli italiani non hanno sangue metallaro. Sicuramente c'è tanta gente che ascolta metal, ma per la strada non lo noti come a Spalato o a Londra. Quando vado ad un concerto in Brasile o nell'Europa dell'Est c'è un'atmosfera più calda, hanno più anima per questo tipo di musica".

    Erano i tempi di Crotone, del Genoa. Ora, Juric, chissà, forse partecipa ancora al pit, alla ressa sotto il palco. O forse no, vista l'età.

  • "PUR DI VINCERE IL DERBY"

    Juric si è ritirato a maggio 2010. A novembre 2009 ha battuto 3-0 la Sampdoria nel Derby della Lanterna. Ecco, una stracittadina forse è l'evento calcistico più vicino ad un festival metal. Decibel al massimo, passione, carica. Vincere significa tutto, perdere beh, è perdere un derby.

    Quando giocava Ivan sembrava un avventuriero dei mari uscito da 'Pirati' di Polanski. Schietto, deciso, duro. Un tutt'uno con il Genoa, i derby. Ciò che significa. Così legato da essere disposto al sacrificio più grande

    "Pur di vincere di nuovo il derby sarei stato disposto ad ascoltare per un mese intero Ramazzotti"rivelò a Rolling Stone Italia.

    Da allora, da quando ha seguito le idee di Gasperini, diventando uno degli allenatori più in voga d'Italia, ha spesso vinto i derby. Spesso li ha anche persi.

    Considerando il suo amore per il metal, legato a quello per il calcio, vincerli ha sempre un doppio volto. Pop e vittoria o assoli e sconfitta?

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