Francescoli Zidane collageGetty/GOAL

Enzo Francescoli, 'Il Principe' di Montevideo idolo di Zidane

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Se chiedete a chiunque in Uruguay chi sia stato il miglior calciatore uruguayano degli ultimi 40 anni, vi sentirete rispondere, senza troppe incertezze: "El Principe de Montevideo" , in arte Enzo Francescoli.

Giocatore dotato di una classe e di qualità tecniche straordinarie, nella sua carriera si disimpegna in più ruoli: mezzapunta, trequartista-rifinitore, centravanti di manovra e seconda punta, ottenendo grandi risultati sia con le squadre di club, sia in Nazionale. 

L'INTERESSE DEL MILAN E IL RIVER PLATE

Enzo Francescoli Uriarte nasce a Montevideo il 21 novembre 1961. Figlio di emigrati italiani nella Banda Oriental, cresce nel quartiere di Capurro. La famiglia appartiene alla media borghesia e tifa Peñarol, per questo il primo provino Enzo, che si innamora ben presto del gioco del calcio, lo fa con Los Carboneros. Il ragazzo dimostra già mezzi tecnici notevoli e grande fantasia, ma viene scartato per il fisico ai tempi considerato 'troppo gracilino'.

Ribattezzato 'El Flaco', non si perde d'animo e fa un altro provino con il River Plate, seconda squadra della capitale uruguayana. Ma ancora una volta non viene preso. Sono così i Wanderers, terzo club di Montevideo, a dargli fiducia e a tesserarlo. Con i Bohemios Francescoli ha la fiducia e lo spazio che cerca, e finisce per imporsi come grande prospetto, tanto che in molti arrivano a definirlo come Il nuovo Schiaffino'.

Si inizia a parlare di lui anche in Italia, e nel 1981, dopo la riapertura delle frontiere, il neopromosso Milan è fortemente tentato di portarlo in Serie A. Il presidente Farina decide addirittura di partire personalmente in Uruguay. Così, assieme al console italiano, all'ambasciatore e al  noto procuratore Paco Casal, si presenta da Pepe Schiaffino per chiedere un parere su colui che alcuni indicano come suo erede designato. Ma l'ex rossonero è molto severo nel giudizio su Enzo, e non se ne fa nulla.

Francescoli resta in Uruguay e deve attendere altri 2 anni perché nel 1983 si realizzi per lui l'agognato trasferimento al River Plate in Argentina . La squadra inizialmente non naviga in buone acque, ma l'uruguayano, nonostante il fisico gracile, riesce quasi sempre a sgusciar via dalle marcature arcigne dei difensori avversari con il suo andamento ondeggiante ed elegante, cui abbina sempre una straordinaria qualità nel controllo palla.

Sguardo serio, tanto da apparire quasi triste e malinconico, gioca inizialmente da trequartista destro ed è subito un bel vedere per i tifosi dei 'Millonarios'. Dopo una prima stagione tribolata sotto il profilo dei risultati e conclusasi per lui con un infortunio, nel 1984 vince il titolo di capocannoniere del Torneo Metropolitano con 24 goal. La squadra, guidata da Don Alfonso Pedernera,  si piazza al 4° posto con Francescoli utilizzato da rifinitore. 'El Flaco' diventa per tutti  El Principe'. Ad affibbiargli l'impegnativo soprannome è il noto giornalista e scrittore uruguayano Vìctor Hugo Morales.

" Il soprannome nasce perché io canticchiavo sempre il 'tango Principe'. Una volta Enzo segnò una rete e io ripetei una parte: 'Prìncipe soy, tengo un amor y es el goal'. Peraltro il soprannome gli calzava alla perfezione, perché Enzo aveva un’aria malinconica ma un portamento davvero principesco".

Nella stagione 1985-86, con Hector Veira in panchina, il River Plate fa un ulteriore passo avanti conquistando il primo titolo argentino a girone unico, il 22° della sua storia. Il trionfo arriva il 9 marzo 1986 con il successo per 3-0 sul Velez al Monumental. Francescoli è ancora una volta il trascinatore con 25 goal, che lo laureano capocannoniere per il secondo anno di fila .

LA COPA AMERICA 1983 E I MONDIALI 1986

I successi per Francescoli iniziano ad arrivare anche in Nazionale. Passa alla storia l'edizione del 1983 della Copa America, che lo vede dominatore assoluto all'età di appena 22 anni. L'Uruguay, composto in larga parte di giovani, supera addirittura il fortissimo Brasile in finale. Decisivo, naturalmente, il ragazzo di Montevideo.

Nella finale di andata al Centenario, l'arbitro gli annulla ingiustamente un goal non dando un vantaggio per un fallo subito. Lui, con incredibile calma, mette giù il pallone nel punto indicato dal direttore di gara e con una parabola imprendibile batte il portiere, dando il la al successo per 2-0 della Celeste, poi difeso al ritorno (1-1). L'Uruguay trionfa e lui viene premiato come miglior giocatore del torneo.

Nel 1986, 'Il Principe' partecipa quindi ai suoi primi Mondiali. La squadra adotta un gioco molto pratico che non riesce ad esaltare le doti del suo numero 10, e dopo esser stata presa a pallate dalla Danimarca, esce agli ottavi contro l'Argentina di Maradona, poi vincitrice.

Enzo FrancescoliGetty

LO SBARCO IN FRANCIA E LA 2ª COPA AMERICA

Il 1986 è un anno di cambiamenti per Francescoli, che conclusi i Mondiali spezza l'idillio con il River e sbarca in Europa. Non però in una grande squadra, ma in una compagine ambiziosa che fino a quel momento aveva ottenuto soltanto 2 secondi posti (nel 1961 e nel 1962) e 5 Coppe di Francia (fra il 1935 e il 1949), e che da anni era caduta nell'omonimato. Si tratta del Racing Club di Parigi, passato nelle mani del magnate Jean-Luc Lagardere, proprietario del colosso Matra, che punta a fare le cose in grande.

Il patron biancoceleste mette sul piatto la bellezza di 300 milioni di franchi francesi (quasi 46 milioni di euro attuali) per provare a riportare la seconda squadra di Parigi ai vertici del calcio transalpino. Così, oltre al fantasista uruguayano, arrivano giocatori come Littbarski e Luis Fernandez . A Francescoli sono offerti un sontuoso contratto, una fiammante Peugeot 205 ed una villetta.

L'uruguayano fa bene a livello personale, ma i risultati della squadra sono deludenti. 'Il Principe' segna 32 reti in 3 stagioni (14 il primo anno, 8 il secondo, 10 il terzo); i 'Pinguini', invece, dopo esser passati dal 13° al 7° posto, rischiano la retrocessione nel 1989, quando si salvano solo per la differenza reti. 

La soddisfazione più grande per 'Il Principe' è allora  nel 1987 la seconda Copa America della sua carriera. In semifinale la Celeste fa fuori l'Argentina di Maradona, e in una turbolenta finale si impone 1-0 sul Cile. 

Francescoli litiga spesso con Lagardere, si sente 'prigioniero' a Parigi e vuole a tutti i costi cambiare aria. 

"La passione per il calcio è minima. - dichiara - Per fare numero devi invitare i bambini gratis. Non senti neanche la paura di perdere".

IL PASSAGGIO SFUMATO ALLA JUVENTUS E IL MARSIGLIA

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto da parte della Roma e dell'Inter, a lui pensa seriamente la Juventus, alla ricerca dell' erede di Michel Platini. Gianni Agnelli, grande intenditore di calcio, lo incontra più volte a Parigi, Enzo vuole la Serie A ma il Racing non lo fa partire.

Nel 1989 il suo trasferimento a Torino sembra cosa fatta. L'Avvocato, suo grande estimatore, vola addirittura a Rio de Janeiro assieme a Giampiero Boniperti per vederlo in azione in Copa America. L'uruguayano firma un precontratto e visiona alcune case in città, ma Legardere si mette ancora una volta di mezzo e alla fine Francescoli firma con il Marsiglia di Bernard Tapie. 

La stagione 1989/90 lo vede grande protagonista: con Francescoli, Papin e Waddle, l'OM domina il campionato transalpino ed arriva in semifinale in Coppa dei Campioni, eliminato dal Benfica. 'Il Principe' si alterna nel ruolo di sopraffino direttore d'orchestra e stoccatore, mettendo insieme anche 11 reti prima di tuffarsi nell' avventura di Italia '90.

DA ITALIA '90 AL CAGLIARI

Le aspettative per l'Uruguay sono alte ma il cammino della Celeste e di Francescoli si ferma agli ottavi di finale, con l'eliminazione ad opera dell'Italia. La squadra di Tabarez paga le condizioni non ottimali del 'Principe', che gioca con una dolorosa microfrattura che ne condiziona il rendimento. Dopo i Mondiali il futuro del calciatore è un rebus. Con sorpresa di molti, al termine di una lunga trattativa, ad aggiudicarselo è il neopromosso Cagliari dei fratelli Orrù.

Il primo nome per l'attacco sul taccuino del D.s. Carmine Longo è il centravanti della Germania Est e della Dinamo Dresda Ulf Kirsten.  I dirigenti sardi volano in terra tedesca per discutere con il club del giocatore e il 25 aprile si fermano a Stoccarda a vedere l'amichevole pre-Mondiale fra la Germania Ovest e la Celeste.

In quell'occasione restano impressionati da due giocatori uruguayani, Pepe Herrera e il giovane  Daniel Fonseca, che si mettono in evidenza con avversari di rango. Così stringono un'alleanza con il procuratore Paco Casal per arrivare ai due obiettivi.

Quando Kirsten a giugno stralcia il precontratto firmato con i sardi, per accettare le lusinghe del Bayer Leverkusen e andare in Bundesliga, proprio Casal fa balenare nella mente degli Orrù la pazza idea nel ritiro mondiale di Verona: "E se prendeste anche Francescoli?".

Quella che inizialmente sembra una boutade, diventa presto una pista concreta. I dirigenti rossoblù fanno tappa fissa nel ritiro della Celeste, e anche il tecnico Claudio Ranieril vola a Verona per parlargli di persona. All'ultimo l'operazione rischia di saltare per un intoppo economico, ma alla fine si rivela decisiva la volontà del giocatore: "Voglio venire al Cagliari". L'affare dunque si conclude.

"Conservavo la voglia di verificarmi nel 'Campionato dei sogni', anche inserito in una formazione non di prima fascia  - spiegherà in seguito - Così ho lasciato Marsiglia senza perplessità. Cambiavo vita. Andavo a lottare, stanco dei giudizi di troppa gente. Dicevano che ero discontinuo, poco potente, poco al servizio dei compagni, poco socievole, molto egoista".

Il 6 luglio 1990 Francescoli sbarca in Sardegna all'aeroporto di Elmas e trova ad attenderlo tanti tifosi festanti. Con l'umiltà e la semplicità che l'hanno sempre contraddistinto, 'Il Principe' appare sorprendemente timido e sorpreso di tanto affetto. Il Marsiglia accetta di giocare un’amichevole al Sant’Elia, e in quella partita viene abbattuto il record di spettatori con 600 milioni di lire di incasso. I francesi si impongono 4-3, con goal decisivo di Papin a vanificare la rimonta cagliaritana.

Fra Enzo e Cagliari, che gli ricorda tanto Montevideo, sarà amore a prima vista nonostante le difficoltà dei primi mesi , che lo vedono alloggiare in hotel in compagnia della moglie e dei suoi figli e lottare per ambientarsi. Dopo l'esordio in Coppa Italia con il Lecce, debutta in campionato contro l'Inter di Trapattoni (0-3 per i nerazzurri).

Francescoli

Il primo goal è su punizione all'Atalanta, ma i punti stentano ad arrivare e la squadra naviga fissa nelle ultime posizioni della classifica. Il dolore per la microfrattura (di cui si saprà solo mesi dopo) gli crea problemi e impedisce che il suo impatto sia quello che tutti si aspettavano. Ma nessuno in città lo critica, da fuori invece qualcuno pensa che l'uruguayano sia venuto nell'isola a svernare. Ranieri, che lo impiega da seconda punta o regista avanzato, lo aspetta.

"Quando sono arrivato al Cagliari non riposavo da quattro anni, ero stanco  - rivela Francescoli a 'Storie di Sport' - Sono arrivato anche a dubitare di me stesso, perché la palla mi passava sotto al piede, oppure se provavo a dribblare da un lato il difensore capiva sempre in anticipo le mie intenzioni".

Ma dopo qualche mese le cose iniziano ad andare nel verso giusto. 'Il Principe' trova casa al Margine Rosso, sul litorale di Quartu, i problemi fisici progressivamente scompaiono e i risultati iniziano a dare ragione a un gruppo molto compatto. La svolta è il pareggio per 2-2 a Torino con la Juventus, che dà il la a un girone di ritorno da record, nel quale la squadra di Ranieri fa più punti della Sampdoria campione d'Italia e conquista una miracolosa salvezza.

Enzo segna 4 goal in 33 presenze,  andando a segno con il Torino, con il Lecce e con il Genoa, ma diventa con Matteoli l'anima di quella squadra e un grande beniamino dei tifosi. Pian piano quelle giocate con la palla incollata al piede con cui aveva deliziato il pubblico del Monumental iniziano a vedersi in modo sempre più frequente anche al Sant'Elia. La seconda stagione lo vede salire di rendimento con 33 presenze e 6 reti, di cui una resta nella memoria collettiva.

Nella prima giornata il Cagliari di Giacomini ospita la Sampdoria campione d'Italia. Sulla carta è una sfida proibitiva, ma i rossoblù compiono l'impresa e il merito è soprattutto del loro fuoriclasse. Dopo aver pareggiato una prima volta su rigore il vantaggio ospite, 'Il Principe' riceve palla sulla sinistra, salta Mannini con un tunnel secco d'esterno e penetra in area, lasciando partire un destro ad effetto da posizione defilata che non dà scampo a Pagliuca. Una vera magia, con i sardi che grazie all'altro uruguayano Herrera vincono poi 3-2.

Anche nel 1991/92 i sardi, alla cui guida approda Carlo Mazzone, conquistano la salvezza. Il cambio di proprietà, con l'avvento di Massimo Cellino alla presidenza e l'uscita di scena degli Orrù, crea dubbi sul futuro, ma Francescoli accetta di restare, pur dovendo ridursi l'ingaggio (4 miliardi e mezzo). 'Il Principe' è ormai un tutt'uno con la Sardegna e quella squadra, cui regala al suo terzo anno una stagione da sogno. Il Cagliari vince e convince, e dopo una spettacolare cavalcata, chiude al 6° posto finale con la conquista della qualificazione alla Coppa UEFA.

"Il Cagliari è stata una scelta di vita, non solo di calcio - dichiara al 'Corriere della Sera' nel dicembre 1992 - In quanto un uomo finisce con l'appartenere alle proprie abitudini. Io, quando infilo la maglia rossoblù, provo la stessa emozione di quando indossavo la divisa della Celeste".

Francescoli è uno dei grandi trascinatori e tocca vertici di rendimento molto alti.

"Aveva tempi di gioco pazzeschi  - dice Vittorio Pusceddu a 'Storie di Sport' - Difendeva la palla, faceva salire la squadra e poi liberava sugli esterni".

"Volava in alto, sembrava la stesse prendendo di testa, invece la stoppava con il petto - ricorda Lulù Oliveira - Un giocatore normale colpisce di testa. Lui invece no: saltava, e col petto la faceva scivolare sul piede, poi tirava in porta. Era un’anguilla".

In quel 1992/93 memorabile, la giornata da ricordare per 'Il Principe' è quella del 16 maggio 1993, che vede il Cagliari impegnato in trasferta contro il Torino. I rossoblù giocano un calcio spettacolare e strapazzano la squadra di Mondonico con un sonoro 5-0, gettando le basi per l'impresa finale. Francescoli è l'uomo in più e segna una doppietta. Il secondo goal arriva con una spettacolare fuga in solitaria dopo aver rubato palla a centrocampo a Fusi.

Mette la firma anche sul pareggio contro il Milan che sta per vincere lo Scudetto e giocare la finale di Champions, quindi è suo il 4° goal nel poker al Pescara che sancisce il ritorno dei rossoblù in Europa. Quando scarta il portiere e deposita in rete, andando a festeggiare sotto la Curva, sul tabellone appare la scritta 'UEFA'. È il suo personale addio ai tifosi rossoblù, dopo 19 goal in 104 presenze totali. 

TORINO, 3ª COPA AMERICA E RITORNO AL RIVER

Conquistata l'Europa con il Cagliari, Francescoli non può però giocarla perché le divergenze con Cellino sono notevoli e l'uruguayano si accasa al Torino, dove lo chiama l'amico 'Pato' Aguilera. Ma l'avventura in granata è caratterizzata a 32 anni da molti acciacchi fisici che gli impediscono di rendere al meglio. Gioca 34 gare con 5 goal totali (24 presenze e 3 reti in Serie A), prima di tornare di nuovo a Buenos Aires con il River.

Molti pensano che abbia ormai imboccato la via del declino, invece 'Il Principe' stupisce tutti e diventa il leader di una squadra di giovani promesse che inanella titoli su titoli. Conquista altri 4 campionati argentini e nel 1996, a 34 anni, la Copa Libertadores,  decisa da una doppietta di Hernan Crespo, il giocatore che più beneficia della presenza di Francescoli. Vince il terzo titolo di capocannoniere nel 1995 e nel 1996 può sfidare la Juventus nella Coppa Intercontinentale, decisa da Del Piero, in cui scopre di avere un grande ammiratore in Zinedine Zidane.

Sempre nel 1995, con gli amici di sempre, Herrera e Fonseca, supera ai rigori il Brasile campione del Mondo e conquista in patria  la terza Copa America della sua carriera , che lo conferma campione senza età. Si ritira nel dicembre 1997, a 36 anni, e il 1° agosto 1999 gioca la partita di addio al calcio al Monumental con la maglia del River contro il Peñarol. Ammirato come uomo oltre che come calciatore dalla tecnica sublime, saluta fra le lacrime i 60 mila spettatori accorsi per vederlo in azione.

A conferma della sua grandezza, il 15 luglio 2012, nella gara di addio al calcio di Ariel Ortega, segna a 51 anni uno spettacolare poker, fra cui un goal in rovesciata. Da campione infinito qual è stato.

zinedine zidane enzo francescoli - 2010Getty Images

L'AMICIZIA CON ZIDANE E LA SOMIGLIANZA CON MILITO

Con la sua classe, Francescoli ha ispirato tanti calciatori. Fra questi il suo fan più importante è sicuramente Zinedine Zidane, che ha nei suoi confronti un'autentica venerazione, tanto da aver chiamato suo figlio Enzo.  Zizou ha rivelato che quando 'Il Principe' giocava col Marsiglia, lui andava a seguire gli allenamenti apposta per vederlo. Fra Zizou ed Enzo è nata poi una bella amicizia.

Quando Marco, secondogenito dell'uruguayano, ha voluto conoscere il campione francese, gli ha chiesto dove avesse appreso quel modo di controllare la palla. E Zidane lo ha spiazzato con la sua risposta:

" Chiedilo a tuo padre, io ho imparato da lui ".

Il soprannome di 'Principe' è stato invece ereditato da Diego Milito, attaccante che in Italia ha fatto le fortune di Genoa e Inter. Ma non per analogie calcistiche, bensì per la  somiglianza fisica con il campione uruguayano. Per chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare, del resto, l'unico vero Principe resta l'eterno ragazzo di Montevideo che tanto piaceva all'Avvocato Agnelli. Per referenze, chiedere a Zizou.

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