Weah e il mancato passaggio al Cagliari: decisivo il 'no' di Mazzone

Weah GFX

Se chiedete a un qualsiasi trentenne/trentacinquenne di fede milanista chi sia stato il primo, vero beniamino della sua infanzia o adolescenza, più di qualcuno vi risponderà senza pensarci troppo: George Weah. Icona rossonera degli anni Novanta, un inno alla gioia per emulare il quale molti giovani calciatori si fecero acquistare scarpe coi tacchetti di colore rosso. Normalità nel variopinto pallone di oggi, non in quello di ieri.

Quattro stagioni e mezza al Milan, due campionati vinti, una sensazione di onnipotenza calcistica che nel 1995 - primo calciatore non europeo - lo porta a vincere il Pallone d'Oro. Eppure. Eppure, per esempio, lo sapevate che Weah in Serie A doveva venirci, ma non per vestire la casacca rossonera? Già, perché i tifosi del Cagliari, perlomeno quelli di una certa età, quel colpo mancato qualche anno prima se lo ricordano tra i rimpianti ancora oggi.

Estate 1992. Massimo Cellino ha appena acquistato il Cagliari. Quasi per caso, come da lui stesso raccontato in seguito: "Sono andato dagli Orrù per comprare le mattonelle, me ne sono andato da proprietario del club". E non è certo la sua prima mossa a conquistarsi la simpatia dei tifosi: via la stella Daniel Fonseca, ceduto al Napoli in una polemica operazione da 15 miliardi delle vecchie lire - più il rientro in Sardegna di Pusceddu - che segnerà l'inizio dello strappo tra le due realtà meridionali. Serve un pezzo grosso per rimpiazzare l'uruguaiano. Ed è qui che prende completamente forma l'operazione Weah.

Il futuro king George gioca nel Monaco ed è reduce da una stagione da 18 reti in Ligue 1, oltre a una finale di Coppa delle Coppe persa contro il Werder Brema. Il Cagliari lo vuole, eccome se lo vuole. Lo vuole in particolare Cellino, che ha appena incassato i no di Totò Schillaci e Jürgen Klinsmann ed è pronto a chiudere l'affare per 4 miliardi. L'ok del liberiano c'è, quello dei monegaschi pure. Tutto fatto, insomma. La Serie A dei ruggenti Novanta è il campionato più bello del Mondo, del resto. Anche in provincia.

C'è solo un problema. Un piccolo, piccolissimo problema, che però diventa ben presto insormontabile: a non volere Weah è Carletto Mazzone, l'allenatore di quel Cagliari. Ed è lui a far saltare tutto proprio sul più bello.

"Presidente, se me lo compra nun lo faccio gioca' ".

Immaginatevi la scena, sor Carletto che si reca da Cellino con la sua inconfondibile parlata romanesca, e il gioco è fatto. Mazzone lo conosce poco, Weah. E non si fida di un attaccante che non è più giovanissimo (25 anni) e che considera scarsamente futuribile. Morale della favola: il pres ascolta il mister e l'affare non si fa.

Weah lascia il Monaco proprio in quella stessa estate. Non approda in A, ma resta in Francia, al PSG. Appena arriva in Italia da avversario è mortifero: doppietta al Napoli, eliminato dai sedicesimi di Coppa UEFA. I parigini, per la cronaca, si inerpicano fino alla semifinale e vengono fermati soltanto dalla Juventus di Robi Baggio, poi vincitrice della competizione.

E il Cagliari? Cade in piedi, tutto sommato. Perché in Sardegna sbarca Luis Oliveira, per tutti Lulù, brasiliano-belga preso dall'Anderlecht e destinato - ma questo nessuno può saperlo - a rimanere una vita in Italia. È un bel Cagliari, un bellissimo Cagliari, che con Mazzone e il Principe Francescoli chiude al sesto posto in campionato conquistando una storica qualificazione alla UEFA dell'anno successivo. Dove stupirà, sotto la guida di Bruno Giorgi, fermandosi in semifinale nel derby fratricida contro l'Inter.

Certo, con tutto il rispetto per Lulù, Weah è un'altra cosa. E lo dimostrerà negli anni a venire, tanto da essere proclamato giocatore più bravo d'Europa. Il Milan non se lo lascerà sfuggire, aggiungendo l'ennesima perla alla propria collezione. Mentre per il Cagliari, anche a quasi trent'anni di distanza, non restano che i rimpianti.