"Cosa vedo nel mio futuro? Buio": sorride e scherza, Wojciech Szczesny. "Tech", per tutti: lo fa aprendosi in una bella intervista su quello che è il ruolo del portiere. Mai semplice, mai scontato.
Guarda "Riflessi | Szczesny e Peyraud-Magnin: i portieri della Juventus" su DAZN
Così come gli argomenti trattati dall'estremo difensore della Juventus e della Polonia, che ha iniziato a indossare i guanti più per "eredità" che per passione, come svela a "Riflessi", la nuova puntata di DAZN Heroes dedicata ai portieri bianconeri.
"La prima volta che ho indossato i guanti ero molto giovane, 3-4 anni, con mio papà: non mi piaceva per niente. Non mi piace ancora. Giocavo sempre con mio fratello, facevo l'attaccante: ma una punta scarsa, alta che non controlla la palla. Dopo qualche mese l'allenatore è stato molto onesto con me e mi ha detto: 'Guarda, sei alto, tuo padre è ex portiere: provaci in porta'. Ci ho provato ed è andata bene".
Insieme a lui c'è Pauline Peyraud-Magnin, portiere delle Juventus Women: scherzano, si scambiano pareri su come interpretare il ruolo. Szczesny da come approcciarlo al meglio.
"Non c'è un modo corretto di fare il portiere, quindi non ho mai guardato un altro portiere per seguire le sue parate. Tante volte guardo i portieri avversari per dare dei consigli ai miei compagni, ma mai per seguire il lavoro che fanno loro".
E' arrivato alla Juventus nel 2017, dalla Roma: proprio quando Gianluigi Buffon si stava preparando al "passaggio di consegne".
"Sono arrivato nel momento giusto: avevo tanto da imparare, ma avevo un'esperienza a livello internazionale importante. Mi sentivo pronto ad affrontare una situazione che prevedeva la sostituzione di uno come Gigi Buffon, che a me sembrava una cosa facile ai tempi, ma magari per un altro non così tanto sveglio a livello mentale non sarebbe stato semplice da gestire".
Ma che tipo è Szczesny con i compagni? Fa il profilo psicologico: quindi procede a motivare, o caricare, i difensori.
"Sono uno che non può entrare in campo carico: quando sto per entrare in campo carico so che sto per combinare qualcosa. Il rapporto con i difensori è molto importante: devi fare un profilo psicologico di ogni giocatore. C'è chi ha bisogno di coraggio per tutti e 90 i minuti e sono quelli che devi massacrare: quando Joao Cancelo è stato qua mi soffriva per 90 minuti, tutta la stagione, e dopo la partita mi diceva 'Basta Tek'. Ma lui ne aveva bisogno, secondo me, magari ho sbagliato perché dopo un anno se n'è andato".
La crescita di Szczesny è passata anche attraverso alcuni errori commessi: ma si impara. Ha imparato dagli stessi e, adesso, non gli pesano.
"L'errore da giovane mi sembrava la fine del mondo, ma più ne fai più sei abituato a farne e li accetti. Fa parte del gioco. Nel bene o nel male l'aspetto mentale non dovrebbe mai cambiare, ma da giovane mi sembrava molto più difficile. Oggi gli errori li accetto: il giorno dopo la partita li analizzi, ma durante la partita non mi cambia la vita".
Nella carriera di "Tek" un posto speciale lo occupa l'intervento su Lionel Messi ai Mondiali in Qatar: un rigore parato che finirà in una cornice.
"Un giorno metterò la foto di quella parata lì a casa mia perché lo considero il giocatore più forte di tutti i tempi: potergli parare il rigore è una bella soddisfazione. Abbiamo parlato prima del rigore perché non c'era mai fallo e lui ne era consapevole: diciamo che mi ha fatto fare una bella figura".


