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Rivincita Inzaghi: dai fallimenti con Milan e Bologna alla nuova chance in A col Benevento

Essere l'allenatore del Milan, a 41 anni e senza tanta esperienza sulle spalle, non è un compito facile: chiedere per informazioni a Pippo Inzaghi, fuoriclasse dei bomber in campo con il suo proverbiale fiuto che ha fatto le fortune dei rossoneri in Italia e in Europa.

Non in panchina, dove i risultati ottenuti da giocatore furono soltanto un miraggio: un'occasione arrivata forse troppo presto, figlia della fretta spasmodica di trovare il 'nuovo Guardiola' anche in Italia e che da qualche anno sembra aver colpito buona parte dei presidenti. Così come Pep, anche 'Superpippo' proveniva dall'ambiente della cantera: Allievi Nazionali e Primavera milanista nel piccolo curriculum che però non fece cambiare idea a Silvio Berlusconi, deciso a puntare su un suo vecchio pupillo per riproporre quel calcio offensivo di cui è un ammiratore fin dai tempi d'oro targati Arrigo Sacchi.

Le premesse erano più che positive per una bandiera del club che andava a raccogliere un'eredità pesante, a prendersi in carico un sacco pieno di responsabilità nel tentativo di riuscire dove i suoi predecessori avevano fallito. Il rischio di bruciarsi era evidente, ma Inzaghi non potè dire di no e si sentì quasi in obbligo ad accettare un incarico tanto prestigioso quanto bollente, soprattutto nell'ultimo decennio.

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Complice un clima di entusiasmo per il ritorno del figliol prodigo, l'avvio del Milan fu tutto sommato positivo: due successi nelle prime due gare di campionato, tra cui il pirotecnico 4-5 al 'Tardini' di Parma con il famoso tacco di Menez a prendersi la copertina. Tutti gli indizi sembravano portare in una direzione ottimistica, compresi quelli del mercato con l'arrivo di Fernando Torres che però segnerà solo una rete, ad Empoli, per poi lasciare Milano in inverno.

Filippo Inzaghi Inter Milan Serie A 04192015Getty Images

L'Inzaghi 2.0 in versione allenatore soffrì enormemente la mancanza di carisma in molti degli uomini a sua disposizione che, alla lunga, risultò un problema non risolvibile da un giorno all'altro con la classica bacchetta magica chiamata in causa recentemente da Antonio Conte. La stagione del Milan si chiuderà nel peggiore dei modi: decimo posto finale e niente qualificazione alle coppe europee per la prima volta dopo 16 anni. Insomma, un fallimento totale.

Una delusione troppo grande per uno come Pippo, che i colori rossoneri li ha tatuati sul cuore, tale da costringerlo a prendersi un anno sabbatico prima di accettare la proposta del Venezia: una scelta forte quella di ripartire dal basso, dalla Serie C, forse l'ideale in quel momento così delicato. Azzardo che si rivelerà vincente: campionato e Coppa Italia di categoria in bacheca per i lagunari che poterono esultare per il ritorno in Serie B, onorata l'anno seguente con la conquista dei playoff e una promozione in A soltanto sfiorata.

Una rinascita in piena regola che convinse il Bologna a fare il grande passo nell'estate del 2018: la seconda opportunità nelle mani di Inzaghi per dimostrare che in Serie A poteva starci anche lui per meriti tecnici e non solo di prestigio, che un nome come il suo contribuisce ad alimentare. E invece altro giro e nuovo fallimento: appena 14 i punti raccolti in 21 partite ed esonero immediato dopo il clamoroso ko interno per 0-4 contro il neopromosso Frosinone, non esattamente una corazzata imbattibile. Sconfitta che fece vergognare il presidente Joey Saputo, il quale arrivò addirittura a chiedere scusa ai tifosi.

"Parlo perché devo sfogarmi, la squadra ha fatto pietà. Abbiamo perso senza mostrare un minimo di carattere, sono profondamente deluso. Non sono mai andato contro i giocatori, ma una prestazione del genere non posso accettarla. Chiedo scusa ai tifosi perché questo non è il Bologna che voglio vedere io. Qualcosa cambierà".

Filippo Inzaghi BolognaGetty Images

Per Inzaghi un colpo durissimo, difficile da assorbire in poco tempo e come se nulla fosse accaduto, un'altra macchia che rischiava di pregiudicare la sua carriera di allenatore ad alti livelli. Ed invece ecco il colpo di scena che non t'aspetti: inaspettata arriva la chiamata del Benevento guidato dall'ambizioso Oreste Vigorito, per nulla intimorito dalle batoste prese dall'ex attaccante, considerato il profilo giusto per dare l'assalto a quella Serie A lasciata troppo frettolosamente nel 2018.

A Benevento Inzaghi trova un ambiente sano dove ogni tassello è esattamente al proprio posto: il rapporto con la dirigenza e in particolare con il ds Pasquale Foggia è sincero e schietto, le intenzioni sul mercato coincidono e in campo va in scena un dominio dalla prima all'ultima giornata, con le 'Streghe' che conquistano il pass per la Serie A con ben sette giornate d'anticipo.

86 punti, +18 sul Crotone secondo, +25 sulla zona playoff: numeri che danno l'esatta dimensione dell'impresa compiuta da 'Superpippo' e della portata vincente della scommessa di Vigorito, uomo d'altri tempi con il solo obiettivo di regalare uno scorcio di felicità al suo popolo. Forse è stata proprio questa genuinità a permettere a Inzaghi di dare più del massimo, una sorta di riconoscenza nei confronti di colui che ha deciso di credere nelle sue doti rimaste fin troppo nascoste.

"Il Benevento mi voleva da tre anni, forse ho tardato troppo per arrivarci. Io e il mio staff abbiamo incontrato totale fiducia: per me queste cose sono fondamentali. Ci sono due aneddoti che voglio raccontare: in ritiro il presidente mi ha ringraziato per il lavoro svolto, qualcosa che non mi era mai successo. Per me ha rappresentato la svolta, ci ha fatti sentire importanti. Il secondo è il rinnovo, buttato giù ad ottobre quando non eravamo ancora in corsa per la vittoria finale".

Ed ora? Sia Inzaghi che il Benevento non possono fallire all'esame più importante, alla prova del nove, numero peraltro tanto caro all'ex Milan: entrambi hanno l'obbligo di ribaltare i pronostici sui rispettivi conti e di zittire gli scettici che, in un ambiente come quello del calcio, abbondano a dismisura. Un percorso comune che andrà avanti nella prossima stagione e, forse, anche oltre: stavolta per non limitarsi al semplice ruolo di comparsa che ad uno come 'Superpippo' non si addice per nulla.

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