Dario Simic Inter Milan gfxGoal/Getty Images

Dario Simic, dalle Champions League all’acqua: storia di un difensore che ci ha creduto poco

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Quando la Croazia non era ancora la squadra in grado di arrivare in finale ai Mondiali, quando l’Inter in squadra aveva giocatori come Ronaldo – il fenomeno, s’intende – che affianca Ivan Zamorano e Roberto Baggio, formando un vero e proprio dream team, c’era anche Dario Simic. Difensore croato, reduce dal terzo posto ai Mondiali di Francia ’98, non così lontano da quanto faranno Modric e compagni circa vent’anni dopo, l’Inter lo acquista dalla Dinamo Zagabria per poterlo inserire in squadra accanto a Beppe Bergomi, davanti a Pagliuca, per formare una squadra che possa diventare davvero imbattibile. Simic ricambia attraversando il Naviglio, qualche anno più tardi, al termine di un’esperienza che sembrava potesse dargli di più, invece fu solo un prologo a quello che effettivamente Milano riuscì a dargli dall’altra sponda della città.

Sei stagioni e mezzo alla Dinamo Zagabria, dal 1992 al gennaio del 1999: titolare già dalla seconda, quando nel 1993 aveva appena 18 anni, e da subito col fiuto per il goal. Ne fa due alla sua seconda stagione, la prima da membro costante della prima squadra, poi l’anno successivo debutta anche nella Coppa delle Coppe, per assaporare il fascino internazionale delle competizioni che presto lo vedranno sempre più protagonista. A Zagabria vince cinque volte il campionato, quattro volte la Coppa nazionale: nel 1997 debutta anche in Champions League, salvo poi retrocedere in Coppa Uefa, nella quale, in ogni caso, gioca da titolare tutte le partite che può. Due anni dopo, poi, nel pieno del calciomercato invernale, quello di riparazione, l’Inter decide di portarlo in Italia.

I nerazzurri hanno tanto da riparare quell’anno: partiti con Luigi Simoni in panchina, hanno dovuto ripiegare su Mircea Lucescu, poi arriverà Luciano Castellini e infine Roy Hodgson, per salvare il salvabile. Una stagione da dimenticare, che termina con l’ottavo posto in classifica, ma almeno la rosa nerazzurra, sospinta già da Javier Zanetti, si affaccia fino ai quarti di finale di Champions League. Simic in quella squadra arriva a gennaio e già il 24 dello stesso mese fa capire di avere senso del goal: nel 5-1 al Cagliari partecipa alla sagra del goal avviata da Baggio e conclusa da Simeone, sotto gli occhi di un Meazza gremito, che vuole riscattare la figuraccia della settimana precedente a Bologna.

Dario Simic Inter LippiGetty

Simic inizia così la sua carriera a Milano, città che lo accoglie, in maglia nerazzurra, per quattro stagioni: quanto basta per vedere, dopo Hodgson, avvicendarsi Lippi e Tardelli, in una delle fasi più convulse della storia della Beneamata. Non giocando sempre da titolare, ma alternandosi quanto basta per sfiorare ogni anno le venti presenze in campionato, Simic si evita uno dei capitoli più tristi della storia del nuovo millennio nerazzurro: Cuper non lo convoca per la gara in trasferta con la Lazio del 5 maggio 2002. Ronaldo in lacrime, in panchina, dopo aver ceduto il posto a Kallon al 78’, è un’immagine che il difensore croato riesce a non vedere. Un colpo durissimo, che scuote inevitabilmente l’ambiente che sentiva oramai quasi in tasca il tanto anelato Scudetto: Moratti è sicuramente l’uomo che ne soffre di più e quell’estate si rende conto di quella rosa nessuno è incedibile, anzi. Simic, quindi, dopo 97 presenze e 4 goal con la maglia dell’Inter, grato ai nerazzurri per averlo portato in Serie A, lascia l’Inter.

Insieme a Clarence Seedorf, il difensore viaggia verso l’altro lato del Naviglio, come detto, per accasarsi al Milan. Come lui anche Andrea Pirlo, un anno prima, aveva fatto lo stesso percorso. Al suo posto, l’Inter si affida a Umit Davala, che arriva dal Milan dopo aver giocato appena 10 presenze: uno scambio che non favorisce i nerazzurri, che quell'esterno turco lo manda subito in prestito al Galatasaray.

La storia di Simic al Milan, invece, è di tutt’altra caratura: Carlo Ancelotti lo inserisce subito nel giro dei titolari, cambiando anche il ruolo del croato. Da centrale, diventa terzino destro in una difesa a quattro, con il suo debutto che arriva in Champions League, contro lo Slovan Liberec, per i preliminari di agosto. Da quel momento in poi nella massima competizione europea ne gioca 12, saltando solo la doppia semifinale con l’Inter e la finale con la Juventus: nonostante tutto, però, la coppa la alza al cielo.

In Serie A, quando il cammino tra i campioni non era stato ancora cristallizzato nella storia del calcio, le presenze di Simic sono 29, trovando spazio e continuità. Se il primo anno, però, è costellato di soddisfazioni per il primo trofeo alzato in Italia, dal successivo in poi la strada del difensore croato inizia a essere chiusa dalla presenza di Maldini, Costacurta, Nesta e Stam: le presenze iniziano a calare drasticamente, fino a essere solo un comprimario nella vittoria dello Scudetto del 2004, con appena 10 presenze. L’anno successivo addirittura scende in campo solo due volte nella formazione che Ancelotti conduce al secondo posto, a 7 lunghezze dalla Juventus. In Champions League, invece, non riesce mai a scendere in campo.

Dario Simic Luis Figo Milan Real MadridGetty

Sembra la fine di una storia d’amore iniziata con un vortice di passione e terminata scemando l’affetto: Simic scala sempre più indietro nelle gerarchie di Ancelotti, fino alla stagione 2006/07, quando il tecnico decide di ridargli spazio e riabilitarlo nella sua visione di gioco: in Serie A riesce a collezionare 22 presenze, ma in Champions League non c’è ancora abbastanza spazio, costringendo il difensore croato a guardare dalla panchina la vittoria della competizione, la sua seconda, con appena sei presenze, di cui l’ultima agli ottavi. È il preambolo alla fine del rapporto con il Milan, perché dopo un’altra stagione di scarsi successi, i rossoneri nell’agosto del 2008 lo lasciano andare al Monaco.

Non c’è molto altro da chiedere alla carriera di Simic, a questo punto: arrivato in Ligue 1, il difensore croato riesce a trovare spazio nella formazione titolare, ma solo per il primo anno, in una situazione che sembra replicare quanto accaduto al Milan. La stagione successiva perde il proprio posto, giocando solo l’ultima gara della stagione contro il Paris Saint-Germain in un noioso 0-0. Svincolatosi, quindi, torna dopo undici anni alla Dinamo Zagabria, giusto in tempo per annunciare il proprio ritiro dal calcio e tornare a vestire per qualche sporadica volta la maglia della squadra che lo aveva consacrato al calcio professionistico.

La vita di Simic, dal punto di vista calcistico, è sempre stata avvolta nel mistero: un difensore che a tutti ha promesso grandi cose, salvo poi riuscire a soddisfare le proprie squadre soltanto nel primo anno. Dal calcio non ha mai voluto separarsi, come dimostrato quando Zamparini lo chiamò al Palermo, nel ruolo atipico di direttore sportivo e consulente calcistico. Adesso, però, Simic si dedica a un’altra vita: produttore e distributore di boccioni dell’acqua minerale, pronto a occupare l’intera giornata di un imprenditore che ha deciso di tenere il calcio tra i ricordi e nelle bacheche, quella dove ci sono due Champions League, due Supercoppa UEFA, una Coppa del Mondo per club e un bel po’ di campionati nazionali vinti. Forse non sempre da protagonista.

Milan e Champions League, un passato indimenticabile tornato di estrema attualità in casa Simic, con i rossoneri che nella fase a gironi dell'edizione in corso di svolgimento hanno affrontato il Salisburgo, nientemeno che la squadra dove gioca suo figlio Roko. Gli strani scherzi del destino.

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