Fra gli ospiti del Cagliari club di Donigala Fenughedu, frazione di Oristano, c'è anche un distinto signore che ha superato l'ottantina. Alto e magro, veste con pantaloni eleganti e maglietta celeste ed è accompagnato dalle sue figlie. Non tutti lo riconoscono, ma lo sguardo è sempre quello di chi fra i pali ha ipnotizzato tanti grandi attaccanti.
Quando mostra le sue grandi mani, poi, non ci sono più dubbi: quel signore è Adriano Reginato, il portiere che nel 1966/67 ha stabilito il record di imbattibilità iniziale della Serie A: 712 minuti senza subire goal, dalla prima all'ottava giornata, una striscia straordinaria interrotta soltanto a Torino da un goal dello juventino De Paoli.
Quel primato, condiviso con l'intero reparto difensivo che lo proteggeva, è imbattuto ancora oggi, quando sono passati oltre 50 anni da quegli storici eventi.
STOP AGLI STUDI PER LAVORARE
Adriano Reginato nasce a Carbonera, in provincia di Treviso, il 19 dicembre 1937. Suo padre fa l'operaio nella vicina Cartiera Burgo, e in fabbrica si guadagna i soldi necessari per sfamare la famiglia e far studiare Adriano.
Il ragazzo inizia a giocare a calcio nel tempo libero alle scuole medie e da adolescente lo cerca un maestro per difendere i pali di una squadra giovanile della zona.
Prossima partita
"Alle medie c'erano due colonnine e una grande terrazza, - ricorderà al giornalista Vittorio Sanna per '100 Rossoblù' di 'Galleria Progetti' - e giocavamo sempre 2 contro 2 o 3 contro 3. Poi a 15 anni c'era la squadretta di un maestro, non so se fosse categoria allievi, che mi portava sempre a giocare in porta perché vedeva che me la cavavo bene, benché non mi fossi mai allenato con loro".
La serenità della famiglia Reginato è però turbata da un grave incidente sul lavoro occorso al padre. Un ingranaggio di una macchina gli si conficca nell'intestino, causandoli diversi problemi di salute. Fra una cosa e l'altra il padre di Adriano trascorre due anni su un letto di ospedale, è costretto a lasciare il lavoro e a lui tocca rimboccarsi le maniche.
"A 16 anni ho dovuto abbandonare gli studi superiori per andare a lavorare dopo l'incidente occorso a mio padre. Prima sono stato un po' il carrozziere, poi a 18 anni mi hanno preso in fabbrica al posto di mio padre. Qui ho ripreso a giocare a calcio nella squadra della Cartiera Burgo, che militava in Seconda Categoria".
DALLA CARTIERA BURGO AL TORINO DI ROCCO
Reginato fa il portiere in Seconda Categoria e se la cava molto bene, visto che nel 1958 lo cerca il Treviso, che milita in Serie C ed è disperato perché ha entrambi i portieri infortunati e si ritrova senza estremi difensori in rosa.
"In panchina c'era Arturo Silvestri (detto 'Sandokan', futuro allenatore fra le altre di Cagliari, Milan e Genoa, ndr) che mi fece: 'Vieni, ci manca il portiere'. Andai e in quattro e quattr'otto mi fecero il tesserino e dopo una sola amichevole con il Marzotto, pareggiata 0-0, mi ritrovai titolare contro il Piacenza in Serie C. Perdemmo 1-0, con goal di Cella, che avrei ritrovato al Torino e mi fece goal all'esordio da professionista. Poi ho fatto il Militare e quando sono tornato, con l'ex Milan Narciso Soldan come compagno di ruolo, ho iniziato a giocare un buon numero di partite".
Reginato, dopo il debutto nel 1957, colleziona 12 gare nel 1961/62 e 30, giocando da titolare, nella stagione successiva.
"Feci un campionato molto bello, e con Zoff, che giocava nell'Udinese, ero in testa alle classifiche di rendimento della Serie C stilate dalla 'Gazzetta dello Sport'. Poi lui andò al Mantova, mentre io andai a giocare al Torino".
Il presidente del Treviso, Tesser, lo segnala a Nereo Rocco, che aveva appena accettato di allenare il Torino. Per Reginato la maglia granata significa la Serie A, un lavoro vero e un buono stipendio, anche se inizialmente tentenna sul trasferimento.
"Dopo un’intera giornata in cui un dirigente mi portò in giro a vedere le bellezze della città, mi fecero entrare in sede, - ricorderà intervistato da Nanni Boi - una cosa bellissima ed emozionante perché erano esposti in bacheca tutti i trofei vinti da Valentino Mazzola e dal Grande Torino. Ma ancora non avevo deciso. Quando poi il vice presidente Traversa mi disse quanto avrei preso, 2 milioni e mezzo di ingaggio che sarebbe stato raddoppiato con i premi, non ebbi più dubbi e firmai. Per arrivare a guadagnare cinque milioni a Treviso avrei dovuto giocare cinque campionati!".
Al Torino, però, Adriano si ritrova davanti Lido Vieri, il portiere della Nazionale azzurra, che proprio nel 1962/63 aveva vinto il 'Premio Combi' come miglior estremo difensore della Serie A, e deve accontentarsi del ruolo di dodicesimo, facendosi trovare pronto quando è chiamato in causa.
Reginato riesce comunque a collezionare 9 presenze (più 2 in Coppa Italia) nel 1963/64, appena 2 nel 1964/65, cogliendo un 7° posto il primo anno e un 3° il secondo. Il debutto nella massima serie arriva il 22 settembre 1963 contro il Bologna al Comunale (0-0) per l'infortunio occorso al titolare, ma il suo rendimento è eccezionale se è vero che nelle tre gare consecutive in cui gioca, l'estremo difensore di Carbonera mantiene la propria porta inviolata (0-0 con il Milan, sempre al Comunale, e identico risultato fuoricasa con il Mantova).
In quel suo primo anno in granata il portiere trevigiano ritrova il campo a marzo, e prolunga ulteriormente l'imbattibilità personale (pareggio 0-0 nel Derby con la Juventus e vittoria per 3-0 in trasferta a Bari), ma cede nella 6ª e successiva gara casalinga contro la Roma, nella quale sul 2-0 per i granata subisce nell'ultimo quarto d'ora una doppietta da Antonio Valentin Angelillo.
"Ricordo come un incubo il ritorno a casa quella notte. - racconterà al giornalista Nanni Boi - Rocco era solito riaccompagnarmi perché andava a Trieste, e quindi Treviso veniva sulla strada. Ma da Torino a Brescia non aprì bocca: nella sua Lancia Flavia la tensione si tagliava a fette e io non avevo il coraggio di dire nulla, anche se le sue ire erano rivolte a Ferretti che aveva fatto un intervento a vuoto in area tentando un’improbabile rovesciata che spianò la strada ad Angelillo. A un certo punto, vicino a Brescia finalmente parlò: ‘Ma tu proprio non potevi farci nulla?’. Ed io con un filo di voce: 'Mister, Angelillo si è presentato tutto solo, mi ha fatto una finta e mi ha messo a sedere'. Bofonchiò qualcosa e poi deviò dal solito percorso stradale. ‘Non ce la faccio a guidare, sono troppo nervoso. Mi fermo qui’. Così trascorremmo la notte in un albergo vicino a Brescia per ripartire il giorno dopo”.
Nonostante quella notte burrascosa, sono in tutto 529 i minuti iniziali consecutivi senza subire goal messi insieme dal dodicesimo di Lido Vieri nelle sue prime presenze in maglia granata, un record nella storia del Torino, il primo dei tre di Reginato che ancora oggi resistono, non battuto né in precedenza da Bagigalupo, né in seguito da Castellini e Terraneo, che gli vale anche una foto con dedica nell'edizione 2017 dell'Almanacco Panini.
Pur avendo vissuto quasi interamente in panchina il campionato 1964/65, Reginato ha guadagnato ora i soldi per metter su famiglia e nel 1965 si sposa con Luciana, coronando la sua storia d'amore con una bellissima ragazza della borghesia di Parma, che viveva a Trento con la famiglia. I due si erano conosciuti durante le vacanze estive del 1964 a Jesolo.
"Era bellissima e io timidissimo non sapevo da dove cominciare. - racconterà - Mi ci volle un incidente in auto per rincontrarla casualmente dopo che temevo di averla persa per sempre senza essermi neanche fatto avanti".
La famiglia di Luciana, però, non vede di buon occhio il fidanzamento con un calciatore. Siamo negli anni Sessanta e i luoghi comuni fioccano. I due allora comunicano attraverso le cartoline che si mandano. Dopo un po' di mesi, finalmente, superate tutte le resistenze e ottenuto il benestare di Rocco, è fissata la data del fidanzamento ufficiale.
"Ma il Torino perde un paio di partite si trova a dover disputare una gara infrasettimanale di Coppa. Rocco, allora, incredibilmente, abolisce tutti i permessi accordati ai giocatori e anche il mio fidanzamento viene rimandato. Immaginatevi la reazione dei futuri suoceri che già mi vedevano male!".
Durante il secondo anno al Torino, per vedersi con Luciana, Adriano compra un auto e viaggia da solo la domenica sera, dopo la partita, fino a Trento.
"Il problema era la nebbia che sino allo svincolo di Peschiera del Garda non dava tregua. - ricorderà - Guidavo praticamente al buio, si viaggiava lentissimi per evitare guai, ma una notte senza rendermene conto feci la barba al guard rail. Tonc, tonc, tonc… Faceva la portiera che sbatteva. Così non si poteva andare avanti. Allora con Luciana presi la grande decisione: se Rocco mi avesse confermato per l’anno successivo ci saremmo sposati e lei sarebbe venuta a vivere a Torino. Allora andai a chiedere che programmi aveva la società sul mio conto e l’allenatore mi disse: 'Ma va in mona, dove vuoi andare? Certo che rimani! Anzi vengo io a farti da testimone e ti porto il mio amico prete per celebrare' ".
Adriano e Luciana si fidano del Parón e fissano la data delle nozze. Conclusa la stagione 1964/65 con un brillante 3° posto per i granata, arrivano il rompete le righe e il fatidico giorno del matrimonio. Ma i colpi di scena non mancheranno.
Mentre gli sposi e gli invitati aspettano già in chiesa a Trento, arriva una telefonata da Trieste.
"Rocco e l’amico prete la sera prima avevano fatto una scorpacciata di frutti di mare e avevano trascorso la notte tra lancinanti dolori intestinali. Inutile dire che in quattro e quattr’otto dovetti trovare un altro prete per celebrare la messa e un testimone per il sottoscritto...".
Nonostante il cambio di programma in extremis, Adriano e Luciana si sposano e partono in viaggio di nozze. Ma qui, mentre i novelli sposi fanno tappa in una località balneare, si imbattono in un signore che sfoglia 'Il Corriere dello Sport' con le pagine spalancate, e avviene il secondo colpo di scena.
"Stavo bevendo il caffè quando vedo mia moglie che strabuzza gli occhi incredula: 'Adriano, ma quello sei tu!'. Mi giro e vedo la mia foto e sopra il titolo: 'Reginato al Vicenza'. E meno male che avevo chiesto a Rocco se sarei stato confermato...".
Il Parón si era reso conto che Vieri, con un dodicesimo forte come Reginato, non era tranquillo, così decise di 'sacrificare' il portiere trevigiano e di affiancargli Gianni Gennari, per farlo sentire più tranquillo.
IL VICENZA TRAMPOLINO DI LANCIO
Suo malgrado Reginato deve fare le valigie e assieme a sua moglie si trasferisce a Vicenza per giocare nel Lanerossi. Qui ricopre il ruolo di portiere titolare, venendo rimpiazzato dal vecchio Luison soltanto quando è infortunato.
In tutto colleziona 23 presenze fra campionato (20) e Coppa Italia, ed è soprattutto grazie alle sue parate e ai goal del vecchio 'Leone' Luís Vinicio che i biancorossi, guidati da Aldo Campatelli, chiudono con un brillante 6° posto finale in Serie A.
Ora, al Menti, dopo l'esonero dalla panchina del Bologna, è solito andare un giovane tecnico, Manlio Scopigno, che da quelle parti aveva imparato il mestiere di allenatore da Roberto Lerici. E sarà proprio il tecnico di Paularo, approdato nel 1966/67 sulla panchina del Cagliari, a chiedere al suo dirigente e stratega del mercato rossoblù, Andrea Arrica, di inserire nei 120 milioni di Lire sborsati al Vicenza per il mediano romano Sandro Tiberi anche il cartellino di Reginato.
L'APPRODO AL CAGLIARI E IL RECORD DI IMBATTIBILITÀ
La notizia del trasferimento in Sardegna, dopo una sola stagione al Vicenza, al portiere trevigiano arriva ancora una volta in modo inusuale. Vinicio, infatti, verso la fine della stagione, nello spogliatoio inizia a prenderlo in giro chiamandolo 'Sardignolo', termine usato impropriamente dagli abitanti di altre regioni per indicare gli abitanti della Sardegna.
"Un giorno sotto la doccia sento Vinicio che mi chiama 'sardignolo'. - racconterà Adriano a Nanni Boi - Io lascio cadere lì la cosa. Il giorno dopo, però, in campo, succede di nuovo. Allora mi scoccio e gli rispondo: 'Luís guarda che sono nato a Treviso'. E lui: 'Ma come, non sai che vai in Sardegna?'. Allora succedeva così, ti vendevano a un’altra squadra e nessuno ti diceva niente".
Reginato non vuole venire, anche perché al Cagliari nel suo ruolo ci sono già Mattrel e Pianta.
"Venni a parlare con il presidente Rocca per dire che non ci facevo nulla. - dirà a Vittorio Sanna per '100 Rossoblù' di 'Galleria Progetti' - Invece, poi, discutendo con il ragionier Piludu, apprendo che Scopigno mi voleva. Trattammo quindi l'ingaggio e chiesi inizialmente un milione in più di Vicenza. Ma Rocca fu perentorio: 'Non possiamo dartelo'. Allora gli feci una proposta: 'Dottore, facciamo che mi date 500 mila Lire in più a fine anno se siete soddisfatti delle mie prestazioni'. Accettarono e firmai con il Cagliari. Quei soldi, poi, non aspettarono a darmeli a giugno, ma me li avrebbero fatti avere già a dicembre...".
Gli inizi nell'isola, comunque, non sono semplici. Adriano deve trasferirsi ancora una volta dopo solo un anno, quando sua moglie Luciana gli ha appena dato il suo primo figlio.
"Prendemmo un appartamentino con due stanze, perché pensammo: 'Tanto stiamo qui massimo un anno'. Invece la vita è imprevedibile e anche dopo che nacquero le mie figlie non sono mai volute andar via dalla Sardegna".
Scopigno gli affida la porta da titolare di quel Cagliari, e il suo sarà il più strepitoso avvio di stagione di un portiere nella storia del calcio italiano: 712 minuti senza subire goal, che gli valgono il primato di imbattibilità iniziale di ogni tempo, ancora oggi non superato e difficilmente superabile. È il secondo dei suoi tre record ancora imbattuti.
Ne abbiamo parlato con il protagonista in occasione della Festa organizzata dai Cagliari Fan Club di Donigala Fenughedu e Oristano per la presentazione del libro di Luca Telese, 'Cuori Rossoblù'. Adriano sorride, e ricevuto il calore dei tifosi, ricorda quella storica impresa.
"Io ci ho messo la mia zampina, però il merito va diviso con tutti i miei compagni. - dice in esclusiva a Goal - avevo una squadra eccezionale, quella che poi 3 stagioni dopo avrebbe vinto lo Scudetto con qualche innesto buono. Quell'anno io ho fatto il record e Gigi (Riva, ndr) ha vinto il titolo di capocannoniere (18 goal) nonostante si sia fratturato in Nazionale e abbia dovuto saltare 13 partite. Senza quell'incidente in quella gara maledetta con il Portogallo avremmo già potuto vincere...".
Il Cagliari di Scopigno schiera in difesa, davanti al portiere trevigiano, Martiradonna terzino marcatore, Raffaello Vescovi stopper, l'argentino Miguel Angel Longo libero e a sinistra il fluidificante Longoni. In mediana, oltre al talentuoso Rizzo, ci sono già Cera, Greatti e Nené, davanti Boninsegna e Riva fanno il bello e il cattivo tempo.
I rossoblù partono con un 2-0 in trasferta a Lecco, quindi pareggiano 0-0 a San Siro con il Milan, successivamente travolgono 4-0 all'Amsicora il Bologna, che appena due anni prima aveva vinto lo Scudetto (tripletta di Riva e goal di Boninsegna). Seguono altri due 0-0, allo Zaccheria contro il Foggia e all'Olimpico con la Roma, e due successi interni contro la Fiorentina (1-0 con rete di Boninsegna) e il Venezia (4-0, doppietta di Riva e reti di Boninsegna e Greatti).
L'imbattibilità di Reginato cade al minuto 82 dell'8ª giornata, con la Juventus che si impone 1-0 al Comunale grazie ad una rete di Virginio De Paoli. Ma nemmeno Buffon è riuscito a scalfire il record, arrivando a 548 minuti nel 2014/15, fermato da un goal di Francesco Totti.
"Il record è ancora oggi valido ed è difficile da battere. - sottolinea a Goal Reginato - Mi metto nei panni dei portieri di oggi, poverini: appena toccano un attaccante li fischiano il rigore contro, i palloni sono più leggeri e c'è più difficoltà nel leggere le traiettorie..." .
In quella prima magica stagione nell'isola, Reginato colleziona 29 presenze in campionato, subendo in tutto appena 13 goal, 2 in Mitropa Cup e una in Coppa Italia. Delle 13 reti prese in campionato, poi, sono appena 5 quelle subite all'Amsicora: terzo e ultimo record detenuto da Reginato, condiviso però, in questo caso, con Giuseppe Moschioni del Foggia e Roberto Anzolin della Juventus, che l'avevano stabilito nella stagione 1965/66.
Ma le cose, ancora una volta, per il portiere trevigiano, cambieranno rapidamente. Reginato parte ovviamente titolare anche nel 1967/68, fin quando la sfortuna, sottoforma di infortunio, segnerà il suo futuro calcistico da lì in avanti.
Il Cagliari è passato sotto la guida di Puricelli, visto che Scopigno è stato sorprendentemente esonerato dopo una tournée estiva della squadra in America, con il nome di Chicago Mustangs.
"Per noi è stata un'esperienza ricca dal punto di vista culturale. Ci ha dato l'opportunità di visitare il Nord America. Anche se con gli sbalzi di temperatura che c'erano, giocare un altro campionato ci avrebbe poi danneggiato un po' sul piano fisico".
I rossoblù, privi dell'infortunato Riva, con Reginato fra i pali, arrivano terzi nella nascente NASL, giocata, in quella prima edizione, interamente da squadre del vecchio continente. Ma a far prendere la sorprendente decisione di allontanare Scopigno al presidente Rocca, dopo alcune divergenze sugli ingaggi dei giocatori, è una pipì nel giardino dell'Ambasciata italiana.
Inizia il campionato e il Cagliari parte male, perdendo a Brescia 2-1. Nella seconda giornata i sardi vanno a Bologna, e accade il fattaccio: al 9' del primo tempo Reginato si lancia in uscita per intercettare il pallone, ma si scontra violentemente con il suo compagno di squadra Mario Tiddia.
L'urto testa contro testa fra i due è violentissimo, mentre Clerici non si cura di quanto accaduto e deposita la palla in rete: Reginato si procura un brutto taglio e un trauma cranico all'altezza del sopracciglio, ma ad avere la peggio è Tiddia, che va in coma e non recupererà più, dovendo alla fine ritirarsi dal calcio giocato.
Quando rientra, dopo oltre un mese di stop, il portiere trevigiano trova la porta occupata da Pianta, che in sua assenza si era ben comportato e così perde la titolarità indiscussa, venendo alternato con il suo compagno di reparto. In tutto, in una stagione storta per lui e per i rossoblù, chiusa al 9° posto, Reginato mette insieme appena 10 presenze, più 3 in Mitropa Cup.
ALBERTOSI E LO SCUDETTO DA DODICESIMO
Nell'estate 1968, poi, Arrica preleva dalla Fiorentina Mario Brugnera e Ricky Albertosi, giovane portiere emergente già in Nazionale. Reginato parla con il nuovo presidente Corrias e prova a mettere in chiaro le cose:
"Farò di tutto per prendergli il posto!".
Adriano si impegna, in allenamento è irreprensibile. Ma Scopigno, tornato nel frattempo in panchina, ha già deciso le gerarchie: Albertosi titolare, Reginato dodicesimo. Sarà così per 5 anni, una vita.
Fra i due, dopo l'iniziale rivalità, nasce una grande amicizia, ed è lo stesso Adriano ad accorgersi di avere davanti uno dei portieri più forti che l'Italia abbia mai avuto.
"Mentre io per un errore non ci dormivo la notte, - racconterà - Ricky azzerava tutto e ripartiva. Oltre ad essere un grande portiere e un Nazionale, aveva anche la personalità giusta, rispetto a me, per chi fa questo ruolo".
Nel 1968/69 Reginato assiste dalla panchina all'ascesa del suo collega, mentre nel 1969/70, l'anno dello storico Scudetto, è proprio l'amico rivale a volerlo in campo al suo posto negli ultimi 20' della gara Scudetto contro il Bari, a risultato ormai acquisito.
"È stato Albertosi a chiamarmi in campo proprio per darmi la possibilità di festeggiare con tutta la squadra e poter dire: il Cagliari ha vinto e c’ero anch’io. - rivelerà in un'intervista a 'La Nuova Sardegna' - Un grande gesto di generosità da parte sua. Con Ricky eravamo e siamo ancora grandissimi amici, anzi fratelli nati da madre diverse, ha fatto pure il padrino di battesimo di mia figlia Elisabetta".
"I ricordi sono immortali. - dice a Goal - Il ricordo più bello dello Scudetto, è stato in Cagliari-Bari, la gara decisiva, vedere la gioia e la felicità negli occhi dei tifosi e dei miei compagni mentre ci abbracciavamo tutti per la certezza matematica del titolo".
Reginato difende la porta rossoblù fino alla stagione 1972/73, ma l'ultima gara ufficiale la gioca l'anno prima, il 7 novembre 1971 nel nuovo Stadio, il Sant'Elia, contro il Napoli (2-1 per il Cagliari). Chiude la sua avventura leggendaria in Sardegna con 59 presenze totali e appena 51 reti subite. E quel record del 1966 che lo consegna all'immortalità.
Ma dall'isola, come molti altri suoi compagni, non se ne andrà più. E ancora oggi, dopo aver allenato per molti anni nel settore giovanile, ci vive e ogni tanto va a seguire il suo Cagliari allo Stadio.
Rimasto vedevo nel 2015 per la morte dell'amata Luciana, che gli ha dato tre figli (un maschio e due femmine), continua ad essere molto amato dai tifosi.
"La Sardegna è troppo bella - afferma a Goal il portiere dei record - e non finisci mai di conoscerla. Io l'ho girata tanto, ma mi manca ancora Buggerru, e devo andarci a breve. Stasera qui ad Oristano sono stato benissimo".
GLI ALLENAMENTI CON GIGI RIVA
Reginato è stato per molti anni anche 'la vittima' preferita di Gigi Riva in allenamento quando è diventato il portiere di riserva del Cagliari. È lui stesso a ricordare quei momenti ai microfoni di Goal.
"Gigi non è Gigi per caso, ma si è costruito da sé, allenandosi duramente. - spiega - Per mezz'ora-un'ora dopo l'allenamento, metteva quindici palloni al limite dell'area di rigore e iniziava a tirare in porta. Un tiro dopo l'altro, calciava con una forza inaudita cercando di metterla nel sette. E finché non ci riusciva come voleva lui, proseguiva. Quando per caso riuscivo a respingere il tiro, si avvicinava e tirava ancora. Vede queste dita? A farmele storte così è stato Gigi, tant'è vero che negli ultimi anni ho iniziato a parare con le nocche perché non ce la faceva più".
Nonostante i 'danni' alle mani, Reginato è felice di aver aiutato in quel modo il suo compagno.
"Gli allenamenti con Gigi sono un ricordo bellissimo di quei tempi, - assicura - anche se mi facevo male alle dita non mi sono mai pesanti. È stato determinante per noi, il campione che ha rifinito il nostro gioco e vinto 3 volte il titolo di capocannoniere".