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Juan Pablo Sorín, l'eroe dei due mondi: da Uomo Effimero a protagonista

Ogni volta che si vanno a ripescare le foto della Juventus campione d'Europa 1996, ogni volta che si ripensa a quella squadra, è come se nell'aria aleggiasse un fantasma. Un personaggio che si trova ovunque, senza che se ne avverta concretamente la presenza. Una presenza che c'è, ma al contempo non si trova mai. Una sorta di Uomo Effimero, come il protagonista di uno degli episodi della serie tv britannica “Sherlock”.

Juan Pablo Sorín, terzino sinistro che ha da poco compiuto 20 anni, nel momento in cui Gianluca Vialli alza la Champions League sotto il cielo romano è fisicamente dall'altra parte del mondo. In Argentina, a Buenos Aires. Eppure – così sostengono i regolamenti – virtualmente anche lui sta prendendo parte a quella festa. Non lo fa in maniera concreta, naturalmente, perché quel 22 maggio del 1996 è da tempo un giocatore del River Plate e alla Juve e a Torino non sta più pensando (o quasi). Non è andata bene, tutto qua. Colpa della gioventù, della concorrenza, di tutto quel che si vuole. Capita.

Non se n'è mai fatto un cruccio, Sorín. Ha semplicemente capito di essere arrivato in una delle squadre più forti del pianeta nel momento sbagliato della carriera. E poi quella brevissima esperienza italiana – roba di pochi mesi, dall'estate del '95 all'inverno del '96 – gli ha permesso di stabilire un record che nessuno, fino a oggi, è ancora riuscito a battere: conquistare la Champions League e la Copa Libertadores nella stessa stagione.

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